home page


È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…

[6/1/2010]

Baschieri & Pellagri 1885-2010

STORIA DI UN MITO ITALIANO


Capitolo I - A proposito di polveri bianche
1885-1913


Sul finire dell'anno 1885, nelle campagne di Marano di Castenaso, a circa dieci chilometri da Bologna, alcuni uomini sotto la direzione di Settimio Baschieri, il proprietario del fondo, e il chimico Guido Pellagri, iniziano le prove per la fabbricazione di una nuova polvere da caccia infume, da contrapporsi alla polvere nera che allora era praticamente l'unica in uso. Dopo qualche tempo gli esperimenti portano al risultato desiderato, e nel 1886 debutta sul mercato italiano la polvere Acapnia, che in greco significa appunto ‘senza fumo', la prima polvere da sparo italiana di tipo bianco. Il 14 gennaio 1891, alla Camera di Commercio ed Arti di Bologna, viene denunciata la costituzione di una Società di nome collettivo fra i signori Settimio Baschieri fu Pietro e Guido Pellagri fu Cirillo. Il suo nome è Baschieri & Pellagri.

La polvere da caccia Acapnia viene fabbricata con materie di prima scelta e si presenta in granuli rotondeggianti uniformi di colore arancione. Densità e grandezza dei granuli sono perfettamente costanti. L'operazione della pesata con il misurino risulta agevole e precisa. Offre una facile accensione anche con gli inneschi più deboli. La polvere incontra il favore dei cacciatori e gradualmente ma senza esitazioni, si diffonde nella penisola a onde concentriche sempre più larghe, insidiando il primato delle polveri nere d'importazione come Lanite (Nobel), Smokeless (Diamond), Schultze... Merito anche della ditta A. Belotti & C. di Milano, che pubblicizza la polvere in veste di Agenzia generale.

Accanto a questa piccola storia, o meglio sullo sfondo, c'è una storia più grande, quella di un'Italia che dà segno di voler colmare il divario che la separa dalle grandi potenze industriali. Cresce l'edilizia, si estende la ferrovia, si inaugurano le centrali elettriche... Nel 1887 il governo introduce un regime doganale che favorisce in primis la produzione siderurgica e cotoniera. L'industria siderurgica prende slancio: nel 1881 si colavano 3.630 tonnellate di acciaio, ma già nel 1889 si raggiunge quota 157.000. Nel 1886 nascono la Breda, le Officine di Savigliano, la Franco Tosi, le Officine Meccaniche Ansaldo di Milano, la Pignone, la Olivetti, la Nebiolo e nel 1989 la Fiat. Inizia un ventennio di rapporti sempre più stretti fra banche e industrie. Le fabbriche standardizzano i prodotti e meccanizzano i processi, vincendo le resistenze degli operai di mestiere. La crisi agraria mondiale favorisce il flusso di capitali dall'agricoltura all'industria, che in Italia registra indici di sviluppo elevatissimi fino al 1896. Finalmente l'industria italiana decolla.

Anche la chimica, seppure con altro passo rispetto a quanto succede oltralpe, si mette in moto. Nel 1872 nasce la Società Giovanni Battista Pirelli & C., che si aggiudica le prime commesse di posa dei cavi telegrafici. Accanto a sapone, fiammiferi e candele, si cominciano a produrre acido solforico (Schiapparelli), acido acetico, etere, cloroformio e perfosfati. Le aziende di concimi chimici e farmaci si rafforzano (Carlo Erba, Lepetit).

Il 7 dicembre 1891, nella polveriera di Marano – che già comincia a essere chiamata dai bolognesi la spulvrira – si verifica un terribile scoppio: quattro vittime, tre feriti, e l'edificio della fabbrica interamente distrutto. Sconcerto, tristezza, la notizia esce su tutti i quotidiani della penisola. Il settimanale ‘Caccia e Tiri' scrive: “Tutti i cacciatori saranno certo dolentissimi che una industria intrapresa con tanto coraggio e condotta sinora con tanta intelligenza, sia colpita si può dire nel suo nascere da sì grave sciagura”. La comunità dei cacciatori bolognesi si mobilita, si organizzano addirittura gare di tiro al piccione benefiche per raccogliere fondi. In una riunione memorabile al Circolo della Caccia, il 26 dicembre dello stesso anno, si trovano i capitali senza difficoltà. Viene anche votata a grande maggioranza la proposta di un trattamento speciale agli operai in caso di infortunio. Il 13 febbraio del 1892 Baschieri & Pellagri viene trasformata in Società in accomandita semplice, con la denominazione Società Italiana per la Fabbricazione dell'Acapnia Baschieri Pellagri & C. L'azienda risorge, “con più ampi e solidi fabbricati, e con tutte le cautele richieste per la sicurezza di tale industria”. E otto anni dopo, il 20 marzo del 1900, l'azienda ritorna a essere Società in nome collettivo. Fra Baschieri e Pellagri ritorna la ‘e' commerciale, e da allora nessuno si è più azzardato a toglierla.

Sulle pagine di ‘Caccia e Tiri' del 26 marzo 1896 esce in copertina un articolo firmato con lo pseudonimo Grilletto, dal titolo ‘A proposito di polveri bianche'. L'autore si dice perplesso sulle affermazioni dei produttori di polveri bianche, o perlomeno si interroga su come mettersi d'accordo circa le reciproche eccellenze, e propone di indicare la polvere usata dagli atleti vittoriosi nelle gare di tiro. La pubblicità è agli albori, i nomi delle polveri si scrivono ancora indistintamente o in maiuscolo o in minuscolo, e vengono pubblicate lettere appassionate su questa o quella polvere. È ancora un'era di buona fede ed entusiasmo positivista nei ritrovati dell'industria. Si chiede agli amici di scrivere lettere ai giornali a favore o contro (oggi sarebbe impensabile). La lettera di Grilletto riceverà diverse risposte pubblicate, a riprova dell'interesse suscitato dal tema e confermando che alla fine dell'Ottocento i mezzi di stampa svolgono un ruolo equiparabile a quello del web oggi: sono un luogo di scambio di idee, opinioni e racconti, ma anche di costruzione di un'opinione pubblica. Giornali come ‘Caccia e Tiri', ‘La Chasse Illustrée', e più tardi ‘Diana' danno un contributo fondamentale alla diffusione di una cultura tecnica della caccia.

Negli anni successivi, per merito principale del figlio di Settimio, Adolfo Baschieri, vengono messe in commercio polveri analoghe all'Acapnia. Si chiamano Sublimite e Anigrina Granulare. La produzione si aggira sui 40/50 quintali annui. È opinione piuttosto diffusa che queste polveri da sparo rappresentino quanto di meglio potesse esprimere l'industria nazionale, e questa convinzione durerà per molti anni a venire. Accanto ai nuovi prodotti, l'Acapnia continua la sua marcia trionfale: uscirà di produzione quasi cent'anni dopo, nel 1981, e per generazioni di cacciatori, soprattutto nel nostro Mezzogiorno e in America Latina, resterà nel cuore come ‘la rossa', sinonimo di polvere da sparo. Il bossolo tagliato, adibito a misurino e riempito con i granuli regolari di polvere rosso mattone, è parte dell'immaginario della caccia per almeno mezzo secolo.

Sono anni di novità incessanti, di fiducia nel progresso e di semina di progetti industriali a getto continuo. A Bologna, nello stesso anno di fondazione della Baschieri & Pellagri, nasce ‘Il Resto Del Carlino', uno dei più antichi fra i quotidiani italiani, tutt'ora in vita. Ma non c'è solo il lavoro. Il benessere comincia a diffondersi, e con esso una nuova cultura del leisure. Mentre nella vecchia Europa la caccia comincia a uscire dagli ambiti angusti di svago aristocratico, negli Stati Uniti succedono cose interessanti sul fronte sportivo. Dopo il tiro alle palle di vetro natalizie sparate in aria da macchine chiamate balltrap, che lascia gli europei piuttosto freddini, nel 1880 comincia a circolare oltreoceano – questa volta con un seguito anche in Europa – il tiro ai dischi in argilla. Nei paesi anglosassoni si chiama clay-bird (‘uccello d'argilla') o pigeon d'argile (‘piccione d'argilla'). In Spagna e Italia viene ribattezzato più prosaicamente piattello. Il Tiro al piattello specialità Trap o Fossa universale viene consacrato alle Olimpiadi di Parigi nel 1900, dove uomini e donne sparano sulle stesse pedane. È la nascita di uno sport che completa e in qualche modo traduce in disciplina sportiva la pratica della caccia. Per la Fossa olimpica bisognerà aspettare il 1936.

Il 31 marzo del 1913 la tragedia: Adolfo Baschieri muore in un incidente con la motocicletta. I due soci, il padre Settimio e Guido Pellagri, decidono di sciogliere la società. L'atto è registrato il 9 luglio 1913, Pellagri viene liquidato e la ditta continua la sua vita con la medesima denominazione, ma con Settimio Baschieri come unico titolare.

Box Dall'ager Gallicus alla manifattura industriale
La presenza romana nella zona di Castenaso è ancora perfettamente leggibile nella suddivisione ortogonale dei campi. Spesso i margini dei campi e i fossi di scolo, a distanza di secoli, combaciano ancora con i cardini e i decumani tracciati dagli agrimensori: basta un click con Google Maps per rendersene conto. Se si osserva dall'alto la proprietà su cui si sviluppano gli impianti produttivi di Baschieri & Pellagri, si riconosce la forma di un poligono regolare, delimitato dalle vie Frullo, Cà dell'Orbo, Bargello e Gazza. Ipotizzando un quarto lato parallelo a via Gazza ma più all'interno, si è di fronte a una centuria romana, integra e indivisa. Si tratta di una porzione di territorio delimitata oltre 2.200 anni fa, ai tempi in cui i Romani colonizzavano l'ager Gallicus assegnando fondi agricoli ai coloni. È legittimo ritenere che si tratti di una caso unico in Europa: una continuità storica che come una freccia ha solcato i secoli, senza mai cadere, dall'agricoltura all'industria! A partire dal II secolo d.C. l'unità di misura della centuria fu fissata in un quadrato di 710,4 metri per lato, che corrisponde a circa 50 ettari. Ogni centuria veniva suddivisa in cento piccole proprietà di mezzo ettaro ciascuna, o due iugeri (iugero, da jugum, era la quantità di terreno che poteva essere arata in un giorno da due buoi). Le strade sull'asse est-ovest si chiamavano decumani, le strade sull'asse nord-sud – cardini. La centuria della proprietà Baschieri & Pellagri è in asse con l'arteria consolare della Via Emilia, aperta nel 187 a.C. La storia ricorda che l'espansione delle legioni romane si fermò per lungo tempo sulle rive dell'Idice, a Castenaso. Fu Publio Cornelio Scipione Nasica ad avere ragione dei Galli Boi nel 189 a.C. Ed è proprio da lui che prende il nome questo insediamento: Castrum Nasicae. Ne rimane traccia nello stemma di Castenaso: l'acqua che esce dalla brocca divide il campo in due parti, a sinistra le insegne dei Galli, a destra quelle dei Romani. Castenaso è celebre anche per aver dato il nome a un'antica civiltà che si fa coincidere con le origini degli Etruschi: la civiltà Villanoviana. Era il 1853 quando lo storico e archeologo Giovanni Gozzadini scoprì, all'interno della propria tenuta di Villanova di Castenaso, un'imponente necropoli risalente all'età del ferro. Da allora si susseguono scavi, studi e scoperte. Nel 2009 è stato inaugurato il Museo della civiltà Villanoviana.


Capitolo II - Il decollo
1914-1926


Durante la Grande Guerra, Baschieri & Pellagri lavora esclusivamente per conto del governo italiano, producendo fulmicotone per le forze armate. Alla fine del conflitto, diverse aziende si riconvertono alla produzione civile delle polveri da sparo. Eppure B&P mantiene saldamente il primato fra le polveri nazionali da caccia, sia per qualità che per qualità. Nel 1921 la produzione tocca i 1.500 quintali. Nello stesso anno, verificata una domanda ancora molto robusta per le polveri nere da utilizzare per le armi e nei cantieri per i lavori di scasso, l'azienda decide di acquisire un polverificio per la fabbricazione di polvere nera a Chitignano, in provincia di Arezzo, attivo dal 1864. Baschieri & Pellagri investe nell'ammodernamento: l'area viene recintata, vengono installati macchinari alimentati a corrente elettrica, e accanto alla polvere nera da mina, vengono prodotte polveri da caccia commercializzate con il nome La Chitignano e Lampo. La fabbrica verrà completamente distrutta nel 1944 dalle forze armate tedesche in ritirata, e non sarà mai più ricostruita.

Settimio Baschieri è sposato con Ginevra Maccaferri, da cui avrà due figli: Adolfo e Maria. Maria è andata in sposa a Ulisse Manfredi, un ingegnere edile estroverso e vivace. Su pressione del suocero Settimio e della moglie Maria, prende una decisione che difficilmente avrebbe preso con Adolfo Baschieri in vita: entrare in azienda con la prospettiva di prenderne le redini. Ma si sa, i tornanti del destino non vengono negoziati con i diretti interessati.

Consapevole della propria scarsa preparazione, prima di entrare in azienda Ulisse Manfredi torna all'università e prende una seconda laurea in Chimica. Nel 1920 entra in B&P come dirigente. Sua moglie Maria Baschieri, donna di carattere e grande signorilità ma scarsa attitudine industriale, è celebre negli annali della famiglia per la passione per il gioco. Ha un atteggiamento quasi feudale nei confronti dell'azienda, vista come poco più di un cespite. Ulisse al contrario, la vede con lenti moderne: come un'organizzazione di persone chiamata a rispondere a diverse sfide simultaneamente: la tecnica, la produzione, la sicurezza degli operai, il commercio, e anche la reputazione, il prestigio… È con Ulisse Manfredi che B&P inizia a sponsorizzare i grandi campioni di Tiro a volo, a partecipare a mostre e gare, a usare un linguaggio pubblicitario semplice e diretto. Sotto la sua direzione, vengono incoraggiate le scuole di tiro e la squadra di Tiro a volo bolognese Baschieri & Pellagri domina per anni le competizioni nazionali. Pur non avendo la passione della caccia, Manfredi penetra la psicologia del cacciatore.

La grande intuizione di Ulisse Manfredi è l'importanza del caricamento originale delle cartucce. Solo con un controllo diretto sull'assemblaggio della cartuccia si può essere certi che la qualità e la versatilità delle polveri B&P siano percepite appieno da cacciatori e tiratori. A Ulisse Manfredi si deve la realizzazione nel 1923 di un banco di prova per collaudare polveri e cartucce, il primo in un'azienda privata dopo il Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia inaugurato nel 1910. Grazie ai continui aggiornamenti tecnici, questo banco è ancor'oggi fra i più avanzati in Europa.

Il piglio autoritario di Manfredi è messo al servizio di una visione industriale ambiziosa: perfezionare i prodotti esistenti senza tregua e insieme studiare prodotti nuovi, adeguando gli impianti, i macchinari e le competenze delle persone coinvolte. La tensione a voler raggiungere a tutti i costi il primato dei prodotti è tangibile, quasi uno stile di lavoro. Questo traguardo naturalmente deve passare al vaglio del mercato. Ma una volta accordata la fiducia, è il mercato stesso a riconoscere ai prodotti B&P i presupposti per un prezzo decisamente più elevato rispetto alla concorrenza. A ben vedere, questa visione industriale ha sorretto l'intero corso dell'azienda ed è perfettamente attuale ancora oggi, pur essendo mutati i contesti.

Nell'arsenale delle buone qualità di Ulisse Manfredi non ci sono solo la tenacia, l'inventiva, il senso pratico delle cose e un'innegabile intelligenza, ma anche un'attitudine a guardare in avanti, a precorrere i tempi e a lasciare il segno di una visione personale su ambiti anche molto distanti. Un esempio? Con le sue competenze di chimico, prepara personalmente le creme di bellezza per la moglie, e si favoleggia che la pelle di Maria da non più giovane signora fosse quella di una giovane donna. Un altro? Quando si pone il problema di ristrutturare la casa colonica del custode all'interno del territorio aziendale, progetta e fa utilizzare dei mattoni forati a prova di umidità: nessuno ne aveva mai nemmeno sentito parlare. Negli annali di famiglia c'è un cantuccio benevolo anche per le eccentricità di Ulisse: guidava l'automobile in modo pessimo ed era terribilmente superstizioso, tanto da non sedersi mai a tavola se si era in 13, e non uscire dal letto il venerdì 13, facendosi servire in camera colazione, pranzo e cena. Si racconta anche di un viaggio a Roma in automobile durato diverse ore, e una brusca manovra a U già alle porte di Roma solo per aver visto un gatto nero attraversare la strada.

Settimio Baschieri scompare improvvisamente il 3 marzo 1926, seduto al tavolo da lavoro. Era una persona aperta, generosa, capace di riconoscere il valore delle persone. In più di un'occasione era intervenuto economicamente in aiuto di Giacinto Zanotti e dei suoi fratelli, convinto che questa ‘antica famiglia di archibugieri romagnoli' desse lustro a Bologna e che perciò dovesse proseguire la sua attività (la bottega di Giacinto Zanotti e di suo figlio Stefano, che fino al 1925 occupava le sale dell'ex Caffè Cacciatori, in piazza Ravegnana, era diventata una sorta di senato della comunità dei cacciatori bolognesi). Baschieri esce di scena ma la successione è designata e avviene senza scosse: al timone dell'azienda la guida è salda.

Box Albe livide e vento che stecchisce
Il primo ottobre 1888 Settimio Baschieri e Guido Pellagri sono fra i 31 fondatori del Circolo della Caccia di Bologna (nell'atto costitutivo, la loro firma è ben leggibile rispettivamente in quinta e quarta posizione). Non è una data qualsiasi. Nello stesso anno si svolgono l'Esposizione Emiliana e i festeggiamenti per l'VIII Centenario dell'ateneo di Bologna. La città è in subbuglio, galvanizzata: finalmente ha i suoi quindici minuti di gloria. L'esposizione, che richiama 500.000 espositori, è una vetrina dei nuovi indirizzi in agricoltura. Da polo dell'industria serica e della canapa, le province emiliane si orientano verso il caseario e l'allevamento, i vigneti e la frutticoltura. Nel padiglione del lavoro, oltre alla mortadella di 150 chilogrammi, troneggiano le macchine della grande officina Calzoni. Attrattiva clou dell'evento sono le ascensioni in pallone aerostatico. La città è sferzata da continui eventi mondani. I circoli traboccano di persone ad ogni ora, soprattutto dopo teatro… Quello dei circoli è un fenomeno tipico della fine dell'Ottocento. A Bologna, gli aristocratici hanno il Circolo del Domino. Gli artisti scapigliati hanno il Circolo Artistico. La borghesia conservatrice ha il Circolo Felsineo (nei cui locali si trasferirà presto la redazione de ‘Il Resto Del Carlino'). I nobili clericali hanno il Circolo degli Scacchi. I progressisti hanno il Circolo Democratico. Gli operai hanno i circoli ricreativi promossi dalle Società di mutuo soccorso. Le élite sono ancora costituite da proprietari terrieri poco propensi a distogliere i capitali dall'agricoltura; prova ne è che le imprese pubbliche di gas, acqua, luce e tram sono finanziate con capitali stranieri. Ma il ceto della bourgeosie savante – una folta schiera di professionisti – preme, diventa visibile, ha i suoi ritrovi, le sue feste, i suoi piccoli rituali… In città esiste già un Caffè dei Cacciatori, ma ‘purtroppo' è frequentato da studenti e bohèmien: occorre creare un luogo più selettivo, dove poter parlare di “albe livide e di vento che stecchisce, di cani e di uccelli, di tiratori a tutta prova e di fulminanti stoccatori di rastrelli in pineta, di fucilate precise come un ricamo e di vecchi lupi di valle”. Le cronache mondane parlano di feste sontuose, con i soci arrivano ai balli con il frac rosso dei cacciatori di volpi. Il Circolo cambierà ben quattro sedi prima di quella attuale, ma non cambierà lo spirito: se sei socio, vuol dire che fai parte dell'élite della città. Nel 1894 viene creata una sezione di Tiro a volo insieme con la Società bolognese del Tiro al piccione, che subito dopo confluisce nel Circolo. Fra i soci illustri, si ricorda Guglielmo Marconi, diventato socio aggregato nel 1917. Nel 1933 vengono accolti a braccia aperte anche i naufraghi del disciolto Circolo degli Scacchi. Ancora oggi clienti e amici di Baschieri & Pellagri hanno il privilegio di salire la scalinata di Palazzo Zagnoni e pranzare sotte le sue volte affrescate, sentendosi parte della storia.


Capitolo III - Venti di guerra
1927-1944


Gli anni del periodo fascista sono caratterizzati da un andamento oscillante per l'industria italiana, stretta fra modernizzazione e ristagno. Da una parte si assiste allo sviluppo di nuovi settori, come tessuti artificiali, petrolchimico, radiotelefonia, e anche cinematografia. Dall'altra si paga il conto della Grande Guerra e della crisi mondiale del 1929, e poi della corsa al riarmo, dell'autarchia, della nascita dello Stato banchiere e imprenditore.

Alla morte del fondatore Settimio Baschieri, rimangono proprietari dell'azienda in due parti uguali Maria Baschieri in Manfredi, figlia di Settimio, e gli eredi di Adolfo Baschieri, il figlio di Settimio scomparso prematuramente, e cioè le figlie Laura, Luciana, Gina e Annalena Baschieri. La direzione tecnica dell'azienda viene affidata a Ulisse Manfredi. Autoritario, impulsivo, votato al successo, capace di visioni e di strappi in avanti, a tratti geniale, Ulisse Manfredi non tarderà ad assumere la carica di Direttore generale. Il suo intento è noto da tempo: ridisegnare B&P dalle fondamenta.

L'impatto di Ulisse Manfredi si avverte a tutti i livelli dell'azienda, in alcuni casi anche in misura radicale. Studia e realizza processi di lavorazione per nuove polveri da caccia lamellari, utilizzando nuove materie prime. Dopo anni di studi e sforzi al Banco di prova, nel 1929 debutta la polvere MB, nitrocellulosa purissima spinta a un forte grado di gelatinizzazione, dal colore verde-bruno, praticamente insensibile all'umidità e alle variazioni climatiche. Il nome MB è formato dalle iniziali di Maria Baschieri; utilizzare le iniziali di una persona per battezzare una polvere diventerà d'ora in avanti una tradizione. Con questa polvere si caricano due cartucce leggendarie che nascono proprio in questi anni: MB Tricolor e MB Tigre, dal bossolo giallo, rimpianto ancora oggi dai cacciatori di starne. Il nome Tricolor non ha a che vedere con la bandiera italiana, ma con le tre diverse versioni stagionali della medesima cartuccia. Purtroppo, l'anno è ricordato anche per l'esplosione che il 24 ottobre miete 20 vittime fra gli operai. Nel 1930 è la volta dell'Anigrina Lamellare, dal colore rosso-violaceo, adatta alle basse pressioni, e di conseguenza alle cartucce dedicate al tiro al piattello, in cui sono richieste serie di spari a ripetizione.

Nel 1934 viene lanciata sul mercato la Superbalistite, una polvere da caccia dal prezzo accessibile. È composta da balistite in lamine minutissime, a cui la grafite dona un colore grigio scuro; il prezzo della materia prima è basso, e le dosi di carica sono ridotte. Questa polvere avrà un suo ritorno di fiamma, si perdoni il gioco di parole, nel 1950 con la commercializzazione della Superbalistite M. Il trattamento impermeabilizzante le conferisce un colore azzurrognolo.

Il 1° marzo del 1936 entra a far parte dell'azienda Adolfo Manfredi, primogenito di Ulisse. La sua funzione è Direttore tecnico. Fino allora, Baschieri & Pellagri si era mantenuta a debita distanza dalle lavorazioni di carattere bellico, e sebbene fosse spesso stata invitata, si era sempre astenuta dal concorrere alle aste per forniture ai vari dicasteri militari. In questo periodo c'è un cambio di strategia e l'azienda comincia a partecipare alle aste. Qualità della produzione e prezzi interessanti ben presto assicurano a B&P un buon mercato come fornitore di nitrocellulosa per i Ministeri dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica.

Nel 1938 Maria Baschieri Manfredi accende un'operazione di mutuo ipotecario con l'Istituto Mobiliare Italiano. La somma ottenuta le serve per liquidare la partecipazione delle nipoti, figlie del fratello Adolfo, prematuramente scomparso. Dopo questa operazione, rimane unica titolare.

Nel 1940, per iniziativa di Adolfo Manfredi, viene alla luce una nuova polvere da caccia e tiro denominata GP (sono le iniziali di Gianni e Paolo, i primi due dei quattro figli di Adolfo Manfredi e Ida Bosi Menotti). Il nuovo prodotto, che si presenta con laminette dal colore giallo, nasce sulla base delle intuizioni e dell'esperienza sviluppate con le polveri lamellari. Parole d'ordine di GP sono: altissima velocità a fronte di valori della pressione contenuti, rapida accensione della polvere, combustione perfetta, maggiore progressività possibile, indifferenza a umidità e clima.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la fabbricazione di polveri da caccia e il caricamento di cartucce da caccia e tiro sono sospesi. La fabbrica viene dichiarata ‘stabilimento ausiliario', i suoi dipendenti militarizzati e assegnati alla produzione di carattere bellico. Il 29 agosto del 1940, quando alle dipendenze della fabbrica ci sono circa 1.500 dipendenti e si lavora a turni continui, un sabotaggio provoca morte e devastazione. Una vera sciagura: 103 vittime, quasi 500 feriti. Di altre notizie non si dispone. I nomi sono ricordati da una lapide alla Certosa di Bologna, dove ogni anno, nel mese di ottobre in occasione della Giornata Nazionale delle Vittime per gli Incidenti sul lavoro, e a novembre per la Festa dei Morti, viene deposta una corona di alloro.

Dopo lunghe e laboriose trattative con il governo, lo stabilimento viene riadattato per le nuove lavorazioni. Ma pochi mesi dopo la ripresa delle attività, al termine di un lungo cantiere, il 20 settembre del 1941, di nuovo un'esplosione: un carico di fulmicotone proveniente dall'Arsenale Marittimo di San Bartolomeo, a La Spezia, esplode durante lo scarico in vasche con acqua. Quattro morti, diversi feriti, danni ingentissimi a impianti e fabbricati. È per onorare la memoria delle vittime che l'azienda realizza nel cimitero di Castenaso un sacrario di gusto razionalista con i nomi dei caduti. Si provvede al ripristino, lo stabilimento riparte e questa volta sarà operativo senza problemi sino alla caduta del regime fascista, nel luglio del 1943. Il 1943 è un anno nero: Ulisse Manfredi patisce un ictus.

Dopo la dichiarazione dell'armistizio, le truppe tedesche occupano lo stabilimento e non lo lasciano fino al 21 aprile 1945. In questo periodo, l'attività antifascista nella zona è forte, Castenaso è Medaglia d'oro al valore civile. Adolfo Manfredi e l'Amministratore di allora, l'avvocato Giorgio Maccaferri (cugino di Adolfo Manfredi), collaborano con i partigiani e i comandi di Liberazione della zona. Il prezzo da pagare è alto. Il 22 novembre 1944 Giorgio Maccaferri viene prelevato dagli uffici di Bologna. Si teme il peggio. L'indomani mattina il suo corpo viene trovato privo di vita ai piedi della stele in piazza Malpighi.

Il suo posto in azienda viene preso da Adolfo Manfredi, appena trentenne. In questi anni cruciali e gravidi di disgrazie, saprà farsi valere, e usando tutta la pazienza, l'intelligenza e la diplomazia di cui è capace, riuscirà a condurre lo scafo di B&P oltre la tempesta.

Box Bologna capitale (della ricerca chimica)
È Guido Pellagri, laureato in chimica, a rivolgersi a Settimio Baschieri, cacciatore appassionato, con la richiesta di finanziare la produzione di una nuova polvere da sparo. Settimio Baschieri non si fa pregare. Di Pellagri non sono rimaste molte notizie, salvo la laurea in Chimica conseguita a Bologna, in quello stesso ateneo in cui prenderà una seconda laurea in Chimica Ulisse Manfredi, all'inizio degli anni '20. Anche Adolfo Manfredi si laureò in Chimica a Bologna, nel 1940. All'università Adolfo conoscerà Giancarlo Pincelli, che non arriverà al traguardo della laurea, ma in compenso lavorerà per oltre trent'anni in B&P come Direttore tecnico polveri, fino alla pensione nel 1977. Se il valore di una persona si coglie acutamente solo nel momento in cui è assente, allora si può ben dire che Pincelli è stato un Direttore tecnico polveri straordinario, con un carattere al limite dell'eccentrico. Si racconta che fosse un forte fumatore (in un'azienda di polvere da sparo!) e che assaggiasse la polvere con la punta della lingua per valutarne la qualità. Il suo nome è legato a long seller come Nike, lanciata sul mercato nel 1949. Le traiettorie di vita sembrano avviluppare la città e la campagna, Bologna e Castenaso, la chimica e la caccia, la ricerca e l'industria… L'Università di Bologna ha giocato un ruolo di primo piano nella chimica italiana. La prima cattedra di Chimica nasce proprio qui, nel 1737. Con Giacomo Ciamician (1857-1922), triestino di origine armena, studioso di fama internazionale, senatore del Regno e anche consigliere comunale a Bologna, grande organizzatore e divulgatore, avviene il salto. Il suo contributo alla scienza è eccezionale: si occupa di fisica chimica teorica, chimica delle sostanze naturali ed è considerato il fondatore della fotochimica organica. Insegna fino alla morte, formando generazioni di studiosi e creando il più importante centro di ricerca chimica in Italia, in grado di competere a livello internazionale. Gli studenti se lo ricordano mentre ispeziona le centinaia di recipienti di reazione in vetro esposti al sole sulla terrazza sopra il laboratorio. Allo scoppio della Grande guerra inventa la maschera antigas detta di Ciamician-Pesci, formata da diversi strati di garza imbevuti di sostanze alcaline, purtroppo efficace solo contro il cloro e non il fosgene. È considerato il padre della Chimica verde e un promotore ante litteram dell'energia solare: l'11 settembre 1912, all'VIII Congresso Internazionale di Chimica Applicata di New York, legge una relazione intitolata La fotochimica dell'avvenire. “Se la nostra nera e nervosa civiltà, basata sul carbone, sarà seguita da una civiltà più quieta, basata sull'utilizzazione dell'energia solare, non ne verrà certo un danno al progresso e alla felicità umana!” A distanza di quasi un secolo, il tempo sembra dargli ragione. Grazie ai suoi sforzi, la Facoltà cresce di prestigio fino a meritarsi la sede attuale del Dipartimento di Chimica che porta il suo nome, costruita su progetto di Collamarini alla fine degli anni '20. Si adopera per far nascere la Scuola Superiore di Chimica Industriale, inaugurata nel 1922. Dall'agricoltura e dall'industria emiliane c'è forte domanda di contenuti scientifici, il retroterra accademico sembra buono… Ancora oggi un quarto dei laureati italiani in questa disciplina esce dall'ateneo bolognese.


Capitolo IV - La vita continua
1945-1958


Il 19 aprile gli Alleati dilagano nella pianura padana e viene dato l'ordine dell'insurrezione generale. Il 21 aprile la divisione Carpatica polacca in appoggio alle truppe americane e inglesi, comandata dal generale Wladyslaw Anders, entra a Bologna. Sono proprio le truppe polacche, che si erano distinte nella battaglia di Montecassino, avevano liberato Ancona e svolto un ruolo importante nell'Appennino forlivese, a prendere stanza nello stabilimento di Castenaso. Quattro giorni dopo, il 25 aprile 1945, sono liberate anche Milano e Torino.

Nei periodi di ritorno alla vita dopo le guerre, poco a poco fra le macerie si fanno strada buona volontà, ottimismo ed euforia. Il dopoguerra italiano è anche il periodo in cui emergono forti personalità capaci di agire in nome dell'interesse collettivo: Vittorio Valletta, amministratore della Fiat, che insieme a Piaggio e Innocenti farà scoprire agli italiani il piacere della motorizzazione di massa; Oscar Sinigaglia, che con l'aiuto dei fondi del Piano Marshall darà impulso alla siderurgia pubblica; Enrico Mattei, che con Agip getterà le basi di una politica energetica lungimirante; Piero e Alberto Pirelli, e soprattutto Adriano Olivetti, capaci di far competere le loro imprese su scala internazionale con uno stile di gestione illuminato.

Ci vogliono alcuni mesi prima che la proprietà rientri in possesso della fabbrica. Incomincia l'opera di ripristino dei danni, fortunatamente limitati. Vengono recuperati i macchinari per la lavorazione delle polveri che erano stati interrati o nascosti nei fienili dopo l'armistizio del 1943 per impedire ai tedeschi di portarseli via durante la ritirata in Alta Italia. Si ripara il deposito delle polveri andato distrutto per un incidente causato da una sigaretta, in cui avevano perso la vita alcuni militari polacchi.

Scaricare una munizione è sempre rischioso, figuriamoci tonnellate di ordigni, bombe e granate, raccolte dalla vicina Linea Gotica e stipate alla bell'e meglio. Così si arriva all'ultimo incidente con vittime umane. Il 9 luglio 1947, la fuoriuscita di fosforo dall'ogiva di una bomba sotto una catasta di proiettili da mortaio è all'origine di una terribile esplosione. Gli impianti sono distrutti, trovano la morte 17 dipendenti, fra cui il capo fabbrica che da anni era responsabile delle lavorazioni di carattere bellico, e altre persone non identificate. Le vittime vengono tumulate nella cripta sottostante al sacrario, nel cimitero di Castenaso.

L'anno successivo, dopo una lunga malattia, all'età di 66 anni si spegne Ulisse Manfredi. Aveva ricoperto la carica di Direttore generale per molti anni, esercitando un carisma fatto di cordialità, acume e spirito sportivo. Era facile incontrarlo sui campi di tiro italiani dell'epoca, dove veniva chiamato affettuosamente ‘papà MB'. In questo stesso anno viene nominato alla direzione dell'azienda Augusto Maccaferri, cugino di Maria Baschieri, e diventa Consigliere di Amministrazione e Direttore Amministrativo Umberto Brunelli, che resterà a lungo in azienda.

Nel 1949 un fiocco rosa: esce dallo stabilimento la prima partita di polvere Nike. È una polvere laminata di colore rosso-violaceo che nella gamma di allora si colloca a metà strada fa la Superbalistite e le polveri lamellari di qualità superiore come MB e GP. La formula è messa a punto dal Direttore tecnico polveri Giancarlo Pincelli.

Nel 1952 Adolfo Manfredi diventa Direttore generale. Ben presto risulta chiara la sua intenzione di raccogliere le sfide in agenda e di continuare senza tentennamenti il disegno del suo genitore.

Nel 1953, dopo anni di lavoro e di prove, entra in funzione un nuovo impianto di nitrazione della cellulosa, capace di produrre 400 kg di fulmicotone nelle 24 ore, con un sistema di nuova concezione per lo scarico della nitrocellulosa instabile (la fase più pericolosa), finalmente a prova di sicurezza. L'eco di questa realizzazione arriva fino al Ministero della Difesa e allo Stato maggiore dell'Esercito, che nel 1956 invia due tecnici militari per un esame dell'impianto a scopo conoscitivo.

In questi anni la ripresa certamente tocca più i fondamentali dell'economia che le attività di svago. Le persone sono intente a ricostruire un Paese, un sistema industriale. Devono essere gettate le basi del boom a venire, ricostruite case, scuole, strade e fabbriche. Non c'è tempo per andare a caccia. La bonifica e il recupero dei materiali bellici, invece, sono un'attività richiestissima e profittevole. Così Baschieri & Pellagri decide di entrare in questo settore, acquisendo il 50% della partecipazione societaria di Seler (Società Emiliana Lavorazione Esplosivi Residuati) di Piacenza. Il partner industriale è la Fratelli Bassi di Piacenza.

Il partner, purtroppo, si rivela cattivo amministratore e ancor peggiore azionista, lasciando B&P da sola a fronteggiare un grave deficit. Il buon nome di un'azienda non è solo la somma dei dati di bilancio, è anche lo stile con cui si comporta nei frangenti difficili. Così Maria Baschieri Manfredi decide di coprire le perdite. Per farlo, trasforma la ditta individuale in Società per azioni e cede una parte delle azioni.

Con il primo gennaio 1958 la trasformazione è cosa fatta. I nuovi soci per il 25% del capitale sono Amelia Stanzani vedova Cimatti e la figlia Maria Angela Cimatti in Ghini. I loro interessi sono rappresentati dal rispettivo genero e marito, l'avvocato Gino Ghini, che diventa Vice Presidente e nel Consiglio di amministrazione affianca Adolfo Manfredi, il quale a sua volta è confermato Direttore generale.

Il 1958 è l'anno di un'altra importante novità: la nascita della cartuccia MB Superstar dal bossolo verde. Questo prodotto leggendario, fortemente voluto da Adolfo Manfredi, conquista velocemente la fiducia di grandi tiratori internazionali, che anche grazie alle sue prestazioni faranno incetta di coppe e premi in tutto il mondo.

Box Hemingway: un testimonial planetario
Soldato, giornalista, scrittore, amico di aristocratici e compagno di grandi bevute, pugile, cacciatore, pescatore, amante dei fucili e delle belle donne, esperto di corride, protettore dei gatti e appassionato della natura in tutte le sue manifestazioni, soprattutto quella animale, Premio Nobel nel 1954, quattro volte marito, cantore del vigore fisico e morale ma forse ancor di più artista dell'understatement… Ernest Hemingway (1899-1961) ha giocato con le proprie maschere, dandosi generosamente in pasto ai media per diventare rapidamente un'icona del Novecento. Per generazioni di lettori Hemingway ha alimentato – nella scrittura e nella vita – il mito dell'uomo forte, capace di far bene ogni cosa che fa. Hemingway sta al Novecento come Lord Byron sta all'Ottocento. Se il poeta inglese è stato un grande nuotatore, lo scrittore americano è stato un grande cacciatore. A cinque anni impugna il primo fucile per scoiattoli che gli aveva donato il padre medico e imbalsamatore per hobby. A sette anni accende il fuoco, prepara da mangiare all'aperto e riconosce la selvaggina domestica. A dodici suscita l'ammirazione del padre per la buona mira. La sua fama e i lunghi viaggi in Europa, Asia e in Africa, e i film tratti dai suoi racconti e romanzi, ne fanno un ambasciatore naturale della caccia sportiva in tutto il mondo. Il suo mito arriva a lambire addirittura la Russia sovietica, dove in epoca staliniana era stato bandito per la sua versione dei fatti sulla Guerra di Spagna, tanto che negli anni del disgelo (primi anni '60) diventa un fenomeno di costume: il maglione di lana ruvida, la barba corta, lo sguardo fermo, quell'aria di studiata trasandatezza mista a rudezza… Non a caso Paolo Manfredi ci ha raccontato di aver letto “almeno otto volte” i suoi 49 racconti. Il primo di questi racconti, e forse il più celebre, è La breve vita felice di Francis Macomber (1936), ispirato al grande safari in Africa compiuto nel 1934, da cui è tratto il film con Gregory Peck del 1947. È la storia di come Francis Macomber, americano dagli occhi di uomo-bambino, vince la codardia e diventa uomo-uomo. Il rito di iniziazione della caccia grossa produce una sensazione di esultanza “come una diga che si spacca”. In una celebre lettera a Scott Fitzgerald del 1929, a proposito di toreri Hemingway scrive “Courage is grace under pressure”. Questa ‘grazia sotto pressione' diventerà un manifesto di vita e il per no centrale della sua poetica, unitamente allo stile asciutto e diretto (“racconto puro” secondo Eugenio Montale). Nel 1950 esce Di là del fiume e tra gli alberi, nel cui protagonista colonnello Richard Cantwell è difficile non identificare l'alter ego dell'autore. Si apre con una memorabile scena di caccia nella laguna di Caorle, in cui il colonnello spara alle anatre dalle botti con l'aiuto di stampi e anatre da richiamo. Poche pagine prima della fine del romanzo, c'è l'ideale prosecuzione di questa scena, sempre in laguna. Dopo aver preso due codoni, il colonnello compiaciuto dice fra sé e sé: “Però, ragazzo, sai ancora sparare”. Hemingway: un testimonial planetario Improvvisamente giunse una coppia di codoni, da chissà dove, scendendo di sbieco in una picchiata veloce che nessun aeroplano era mai riuscito a fare…


Capitolo V - Nuovi orizzonti
1959-1970


Dopo la ristrutturazione, la piccola locomotiva B&P riprende a correre, più spedita e convinta di prima. Adolfo Manfredi si impegna a fondo nel passaggio del caricamento della cartucce da artigianale a industriale. Sotto la sua guida, i volumi di vendita crescono e B&P si posiziona fra i principali produttori nazionali.

Adolfo Manfredi è in prima linea anche quando si comincia a parlare di bossoli di plastica. È lui a incoraggiare l'introduzione di borre in plastica da abbinare ai bossoli in plastica, e a lanciare una linea di cartucce interamente in plastica. Su questo fronte, acquisisce lo sfruttamento di un brevetto con cui inizia un progetto industriale che porterà Baschieri & Pellagri a diventare il primo produttore mondiale, raggiungendo ai giorni nostri la soglia psicologica di 1 miliardo di pezzi/anno.

Dal 1958 gli esercizi segnano andamenti positivi, le novità tecniche si susseguono e la predilezione di legioni di cacciatori e tiravolisti per i prodotti B&P è senza incrinature. Investimenti strategici e gestione oculata portano all'exploit finanziario degli anni 1964 e 1965.

Il 20 febbraio del 1961 entra a far parte del personale tecnico B&P Gianni Manfredi, primogenito di Adolfo Manfredi. In brevissimo tempo il giovane Manfredi non solo si acclimata, ma nel 1962 realizza una nuova polvere da tiro, la F2 (F sta per Franca, sua moglie). È una polvere di nitrocellulosa purissima, si presenta sotto for ma di laminette grafitate quadrate e sottili, di colore grigio-verde. In questo periodo si diffondono inneschi inossidabili sempre più potenti, l'asticella della performance si sposta verso l'alto. Le cartucce originali B&P caricate con F2 non tardano ad affermarsi sul mercato. L'oro olimpico di Ennio Mattarelli alle Olimpiadi di Tokyo, nel 1964, con cartucce caricate con F2, rappresenta la consacrazione definitiva di questa polvere, un autentico mito fra le polveri italiane. Nel 1963 entra in azienda anche il fratello più piccolo, Mario Manfredi, che resterà in azienda fino al 2001 come apprezzato tecnico al Banco di prova delle cartucce.

Seppure non siano mancati consigli e suggerimenti del padre e dei tecnici di fabbrica, il ruolo di Gianni Manfredi nella messa a punto della F2 è ampiamente riconosciuto. La sua azione si rivela inoltre determinante nel realizzare un diverso sistema di lavorazione delle polveri lamellari, che, senza aumentare la manodopera, consente un incremento notevole della produttività. Anche per questi meriti, il 1° giugno 1965 Gianni Manfredi è nominato dirigente con la qualifica di Vice Direttore tecnico di stabilimento.

Anche sul fronte dell'impiantistica le novità non mancano. Nel secondo semestre 1964 entra in funzione una nuova linea produttiva di fulmicotone, che dai 400 kg/giorno porta la produzione complessiva di fulmicotone a 900 kg/giorno. Nel 1966 debutta una nuova polvere da sparo, BP66. Serve per caricare le cartucce con bossolo in plastica a V390 (dove V sta per velocità iniziale dei pallini espressa in metri/secondo). L'anno successivo, il numero delle cartucce vendute tocca quota 45 milioni di pezzi. Nel 1969 viene immessa sul mercato una polvere dal nome 2G70: le due ‘G' sono le iniziali di Gino Ghini.

Nell'agosto del 1970 Adolfo Manfredi, all'età di 56 anni, è colpito da un infarto che non gli lascia scampo. La Direzione generale passa a Gianni Manfredi. Nello stesso anno muore anche Maria Baschieri, e alla Presidenza subentra Ida Bosi Menotti, moglie di Adolfo. In questo periodo di acque agitate, viene assunto Nerio Cicotti, fresco di studi, figlio di un dipendente che lavora in azienda da almeno trent'anni.

Con la scomparsa di Adolfo Manfredi si chiude un'epoca: la stagione d'oro della caccia italiana, e di riflesso quel periodo così intenso e straordinario della vita economica e sociale del nostro paese in cui nulla sembrava impossibile, in cui le ragioni del particolare non sovrastavano quelle generali, e in cui gli operatori della finanza non avevano ancora oscurato i protagonisti dell'industria. E se ne apre un'altra, fatta di inquietudini e di scontri ideologici che investono la vita sindacale in fabbrica e il tema della caccia nella società. Pensare in grande – o almeno così pare col senno di poi – diventa più difficile.

Come il padre, Adolfo Manfredi si era aperto al nuovo ed era stato capace di strategie a lungo termine. Come il padre, si era appassionato alla caccia ed era diventato un ottimo tiratore sia al piccione che al piattello (nel 1950, a Madrid, si guadagnò la medaglia di campione del mondo di Tiro a volo a squadre, specialità Piattello trap). Molto fece per promuovere il coinvolgimento di nuove leve di tiravolisti e cacciatori, sia attraverso la Federazione italiana Tiro a Volo, sia attraverso le associazioni venatorie nel momento in cui il loro ciclo espansivo toccava il punto più elevato.

Per ironia della sorte, pur avendo dato un contributo determinante alla storia di B&P, Adolfo Manfredi non è mai stato azionista dell'azienda, essendo sua madre ancora in vita al momento della morte. Adolfo non vedrà realizzato il sogno che aveva coltivato tutta la vita: far nascere, insieme a Beretta e Fiocchi, un polo industriale integrato per polvere, bossoli, cartucce e fucili che potesse far competere l'industria italiana ad armi pari (il gioco di parole non è casuale) con i grandi produttori mondiali. Peccato, il traguardo non era lontano. Il suo disegno prenderà comunque vita. Altri avrebbero raccolto la matita caduta a terra e portato a termine il disegno da lui iniziato.

Box Un popolo di poeti, santi e cacciatori?
Secondo Rosario Villani, “L'attività venatoria, così come l'abbiamo conosciuta in Europa negli ultimi due secoli, è un frutto della Rivoluzione francese. È il regime borghese che, per la prima volta, stabilisce che tutti possono liberamente e democraticamente andare a caccia…” Nell'Ottocento, la caccia conosce il momento di massima espansione culturale, i suoi modelli trovano consenso e fanno tendenza, i dipinti con le battute di caccia e le nature morte con il carniere entrano tanto nei salotti aristocratici quanto in quelli borghesi. In Italia, il pittore Pompeo Mariani va a caccia e dipinge en plein air nella Tenuta della Zelata, sul Ticino, e nel Parco della Villa Reale di Monza, il più grande parco cintato d'Europa. I suoi cieli ricordano Magnasco ed El Greco, la grazia dell'insieme e un certo spirito rasserenante sono imparentati con il Corot, mentre le accelerazioni quasi violente del tratto evocano gli Impressionisti. Nei dipinti di Giovanni Battista Quadrone, allievo di De Nittis, cani, vecchi cacciatori con la pipa e paesaggi toscani impregnati della luce dei Macchiaioli si intrecciano mirabilmente. Il livornese Eugenio Cecconi, definito ‘pittore signore', è formidabile nel ritrarre i cani nel momento della punta, quando tendono i muscoli del collo fino al parossismo, con quell'espressione in cui smarrimento e assoluta determinazione sembrano fondersi per lunghi, interminabili istanti. Sono solo qualche esempio di un grande lavoro culturale che nel Novecento aprirà il varco alla caccia come svago di massa. La ridefinizione in chiave sportiva di questa attività porta a una maggiore preoccupazione per la salvaguardia dei fondi venatori (va detto per inciso che nel ventennio fascista non poco è stato fatto in direzione di una cultura della regolazione del patrimonio faunistico) e a un certo fair play verso la preda e verso i compagni. I fucili, grazie ai due conflitti mondiali, si perfezionano. La caccia con le reti decade a vantaggio di quella con i cani. I cacciatori arrivano dalla città motorizzati, indossando non più la cacciatora e la cravatta, ma semmai un gilet da Indiana Jones e un foulard. La caccia diventa rito sociale, nostalgia della saggezza rurale e della verità che viene dalla terra, occasione per respirare con tutti i pori dell'essere la natura, o perlomeno qualcosa che la ricordi da vicino. Dopo gli anni del boom economico, a partire dagli anni '80 inizia un processo di contrazione inarrestabile del numero dei cacciatori. Se nel 1990 le doppiette italiane erano ancora 1.446.000 (fonte Istat), nel 2005 sono meno della metà: 685.000. Il cacciatore odierno è cambiato, dentro e fuori. Sentirsi parte di una tribù sotto assedio sul piano mediatico ed etico, lo ha reso meno spavaldo, più sobrio e più consapevole della funzione preziosa della caccia come strumento di conoscenza della natura e di regolazione dei suoi equilibri. Con i nemici ambientalisti e verdi, scopre sempre più spesso un comune sentire: quello di chi con la natura si mischia, non accontentandosi di osservarla da un monitor. Entrambi – seppure con percorsi di avvicinamento differenti – finiscono per sentirsi paladini della campagna contro la città. In realtà, questa parentela non è affatto nuova, si era solo offuscata per gli scontri ideologici negli anni '70 e '80. Nel 1966 Mario Incisa aveva trasformato il Padule di Bolgheri di sua proprietà in un'area faunistica protetta: era la prima delle 130 Oasi WWF che oggi costellano la penisola italiana. Incisa era amico di Emilio Scheibler, grande esperto e appassionato, spesso suo ospite. Dopo la sua scomparsa, non apprezzò l'atteggiamento poco riguardoso nei confronti di Scheibler da parte di comuni amici, e decise di punirli chiudendo il padule alla caccia. Singolare! La prima Oasi italiana del WWF era nata per onorare un grande cacciatore.


Capitolo VI - Nel bosco vince chi si orienta
1971-1991


Agli inizi degli anni '70 la situazione del mercato per B&P non è rosea, per non dire complessa. Arrivano le crisi legate all'aumento dei prezzi del petrolio e all'inflazione. La struttura commerciale B&P soffre. Il mercato è in subbuglio per lo sbarco in Europa del gruppo statunitense Winchester. La politica del gruppo statunitense è molto aggressiva, con prezzi certe volte addirittura al di sotto della linea di costo per spazzare via i marchi concorrenti… Che fare? Baschieri & Pellagri decide di non affrontare gli americani in campo aperto. E, metaforicamente parlando, si ritira nel folto dei boschi, sulle colline, concentrandosi sulla qualità e sull'innovazione dei prodotti di fascia elevata, laddove l'effetto prezzo è meno vincolante, e dove affinare le performance è sempre vincente.

Gianni, pur molto giovane, non è solo. In azienda ci sono anche i fratelli più giovani Mario e Paolo. La nuova leva dei Manfredi, con quel misto di incoscienza, spavalderia e convinzione nella bontà delle proprie idee che solo la giovane età concede, decide di rivedere in modo strutturale l'organizzazione della rete commerciale, intervenendo sia all'esterno che all'interno. In parallelo, vengono eliminati sprechi e inefficienze, con decisioni anche difficili come la riduzione del personale. L'azienda ne esce a testa alta: nel giro di quattro anni, la situazione finanziaria viene ribaltata a suo vantaggio.

I giovani Manfredi hanno dalla loro, oltre all'età, anche il pieno sostegno di Gino Ghini, di dieci anni più grande di loro e soprattutto con alle spalle anni di lavoro al fianco del loro padre Adolfo. Gino Ghini, che tutti chiamano facendo precedere il nome da un deferente ‘Avvocato' (tradizione mantenuta anche con il figlio Giovanni), offre un contributo importante sul piano di un'evoluzione senza scossoni. È aperto, estroverso, molto presente in azienda, si occupa personalmente di diversi progetti e di tutte le questioni legali, viaggia spesso per ragioni di rappresentanza e per anni è il vero ministro degli esteri della Baschieri & Pellagri. La vocazione alle relazioni interpersonali e alla mediazione – forse anche retaggio delle radici romagnole, essendo nato a Forlì – torna utile ogni qualvolta bisogna smussare problemi e comporre opinioni divergenti. La sua capacità di persuasione senza mai alzare la voce è proverbiale.

In questo periodo entra in azienda anche Massimo Orsi, marito di Anna Laura Manfredi, che per circa un ventennio sarà Responsabile di stabilimento e viene ricordato come una personalità salda anche nei momenti meno facili.

Alla fine degli anni '70, Baschieri & Pellagri si dedica allo sviluppo di un fucile automatico a 5 colpi. È un terreno nuovo, le difficoltà sono molte ma nel 1980 il fucile entra in produzione. Si chiama MB80. Ottimo prodotto, nella fascia medio-alta degli automatici, affidabile e tecnicamente evoluto. Purtroppo il sogno del fucile Baschieri & Pellagri viene penalizzato di lì a poco dalla normativa che porta da cinque a tre i colpi per il fucile semiautomatico. Oggi l'MB80, uscito definitivamente di scena nel 2001, è ricercato dai collezionisti.

Agli inizi degli anni '80 il clima nel paese cambia, comincia a farsi strada un movimento di pensiero e politico ostile alla pratica venatoria. I continui tentativi di referendum promossi dal Partito Radicale e dai Verdi, anche se non ottengono il loro proposito, rappresentano una formidabile occasione per screditare la caccia e gettare benzina sul fuoco dell'intolleranza. Il paradigma politico non può essere quello della sinistra contrapposto alla destra, poiché è noto che la pratica della caccia e l'associazionismo ad esso legato sono molto forti nelle regioni del Centro Italia, governate tradizionalmente da forze di sinistra, come la Toscana, l'Emilia-Romagna e l'Umbria. Allora, nasce una visione quasi messianica che contrappone le forze della civiltà alle forze dell'oscurantismo. Una visione così appiattita non rende ragione del quadro di relazioni ricco, articolato e talora anche contraddittorio che si è stabilito fra gli esseri umani e la natura nel corso della storia. E questo sia detto senza spirito di parte, e senza nascondere l'imbarazzo che procura ai cacciatori sani osservare nel loro stesso campo la presenza di fucili dal grilletto troppo facile.

Le raccolte di firme per il referendum abrogativo della caccia si susseguono a ondate: una nel 1980 (bocciato dalla Corte Costituzionale); due nel 1986 (entrambi bocciati dalla Corte Costituzionale); e due nel 1990 (quorum non raggiunto). Sulle colonne dei giornali, negli studi televisivi, nei salotti borghesi e nelle cucine delle famiglie italiane si scatenano discussioni che hanno l'effetto di far sentire i cacciatori sotto assedio (e purtroppo, anche l'effetto di far calare le vendite delle cartucce B&P). Il conflitto non resta circoscritto ai media, ma si sposta anche sul campo. Il simbolo di quest'epoca potrebbe essere l'espressione smarrita di un cacciatore quando, a partire dalla metà degli anni '80, all'apertura della stagione di caccia si imbatte in un'amara sorpresa: una folla variopinta che lo apostrofa, lo insulta, lo deride con un gran fracasso di campanacci, corni e tamburi, regalandogli un fiore se rinuncia al proprio intento. Di diventare preda, lui cacciatore, non se lo sarebbe mai aspettato.

Alla fine degli anni '70, negli anni dell'avventura del fucile MB80 e forse anche a causa sua, la situazione finanziaria dell'azienda si complica. La crisi è conclamata quando il 28 luglio 1980 l'azienda è costretta, per la prima volta nella sua storia, a ricorrere alla cassa integrazione straordinaria. In questo anno l'azienda rinuncia agli uffici in centro, alla Porta Mascarella, dove si era trasferita nel 1968 traslocando dagli uffici di via Artieri, storica sede dagli anni '20, e sposta la Direzione nella sede attuale, presso lo stabilimento. L'immenso tavolo che ancora oggi domina la sala riunioni viene fatto calare con una gru attraverso il tetto aperto. È lungo 5,68 metri, largo 1,84, ed è coperto da un vetro veneziano decorato a foglia d'oro e da una fascia laterale di cuoio grigio. Quando, al momento di essere rimontato, il vetro si ruppe, non si trovarono più gli artigiani capaci di rifarlo in un pezzo unico e si dovette ripiegare sui due pezzi.

Per ovviare alla crisi, Gianni Manfredi comincia a guardare con interesse a una politica di alleanze internazionali che portino a espandere la produzione di bossoli, e individua nel colosso statale francese della chimica fine SNPE (5.000 addetti) il partner con cui legarsi. ‘La Société nationale des poudres et des explosifs' è il più grande produttore in Europa di polveri civili. È detenuta al 99% dallo Stato francese, ed è l'ultimo grande baluardo dell'industria pubblica, insieme al Commissariato per l'Energia atomica CEA.

Nel 1979 nasce Sofim Società Franco Italiana Munizioni, una joint venture paritetica fra Baschieri & Pellagri e SNPE per la produzione di bossoli nello stabilimento di Castenaso. Il progetto funziona, si intravedono sinergie anche sul fronte delle polveri. E così si arriva, nel 1981, a un accordo che prevede la graduale riduzione della produzione in Italia e l'acquisto delle polveri dalla Francia, a fronte di un finanziamento a medio termine a favore della parte italiana. Nello stesso anno scompare Umberto Brunelli, il cui operato si era distinto per un prezioso ruolo di raccordo fra la famiglia Ghini e la famiglia Manfredi.

Box L'innovazione tecnologica è di casa
Nel settore delle polveri e delle cartucce, Baschieri & Pellagri è sinonimo di Ricerca e sviluppo sin dagli esordi. Di decennio in decennio, l'azienda ha proposto polveri sempre più performanti e cartucce sempre più adeguate a specifiche esigenze. A partire dagli anni '70 del secolo scorso si è inaugurata una felice stagione di registrazione di marchi e brevetti che riguardano la componentistica della cartuccia. Nel 1970 viene depositato il primo brevetto di borra in plastica, un componente piccolo ma vitale per l'efficienza del tiro che ha una doppia versione – contenitore per i tiri lunghi e dispersante per i tiri brevi – e che ben presto viene a sostituire quasi completamente la borra in feltro grassato. Nel 1979 viene registrato come marchio commerciale Gordon System™, l'unica vera rivoluzione nella storia del bossolo, che da elemento inerte ne fa un elemento vitale e prezioso. La base interna del bossolo è caratterizzata da un profilo conico e da un molleggio ammortizzante progressivo che si esprime al momento dello sparo (la pressione nella camera del fucile può superare i 1.000 bar). Il comportamento ‘mobile' del bossolo consente una riduzione della pressione sviluppata, ma principalmente limita l'effetto fisiologico del rinculo, rendendo le cartucce più ‘morbide' a parità di prestazioni: la conicità della base del bossolo ottimizza la combustione della polvere e quindi la resa della munizione. Alla luce di queste caratteristiche, il bossolo Gordon System™ è da considerarsi un vero e proprio componente attivo della cartuccia. Nel 1984 viene depositato il brevetto europeo per una cartuccia per fucili da caccia. Nel 1985 segue il brevetto per la palla per cartucce per fucili a canne lisce. Nel 1994 e 1995 si deposita in diversi Paesi un modello per lo stampaggio della borra in plastica. Nel 1998 viene depositato al Ministero dell'Industria un nuovo Brevetto di invenzione industriale per uno ‘stampo per la realizzazione di prodotti in materiale plastico'. Lo stampo è in due varianti: per la pressofusione di una borra e di tre borre simultaneamente. A questo deposito farà seguito il brevetto europeo nel 2002. Nel 2009 l'azienda registra come marchio internazionale il fondello bi- e tridimensionale, con il quale viene inanellata la base delle cartucce B&P. Il fondello è di diametro leggermente maggiore rispetto al corpo cilindrico. Gli anelli concentrici che compongono il fondello sono quattro.


Capitolo VII - Uno scontro epico
1992-1998


Le imprese sono organizzazioni complesse che si danno compiti, obiettivi e valori, e che scelgono le persone e le tecnologie migliori per conseguirli. Ma la loro storia non è fatta solo di ingredienti neutri come i finanziamenti della banche e il gradimento del mercato. È una storia impastata col sudore e l'olio di gomito, con i voli e le cadute (con ‘le discese ardite e le risalite', come dice la canzone di Lucio Battisti), con i successi della squadra e i fallimenti individuali, con le passioni tenaci e gli scoramenti. Le storie di tutte le imprese, essendo storie di uomini e di donne, si nutrono di miti, poiché il mito è una delle forme a cui facciamo ricorso dai tempi antichi per descrivere le nostre esperienze.

La sfida fra Davide e Golia, fra la piccola Baschieri & Pellagri da una parte, e dall'altra il gigante SNPE con alle spalle tutto il peso (e l'arroganza) che possono venire dalle dimensioni e dalla tradizione, ha indubbiamente qualcosa di mitologico. È stato un momento critico in cui B&P ha rischiato la propria stessa esistenza, ed è perciò umano e condivisibile il senso di soddisfazione con cui viene raccontata, ogni volta con diverse sfaccettature e nuovi particolari, come fa il cacciatore al ritorno dalla battuta di caccia della sua vita, quella che capita una volta ogni cent'anni. Su questa vicenda, si innesta poi l'eco remotissima ma pur sempre presente di una mai sopita rivalità fra italiani e francesi. Che sia l'eco del confronto fra legionari romani e Galli Boi a Castenaso, a più di duemila anni di distanza? O del timore misto a disprezzo con cui i Galli vedevano i Romani per averli invasi e trattati senza tanti complimenti (vi ricordate Asterix?)? Sul terreno del mito tutto è possibile.

Nell'arco dei dieci anni successivi all'accordo del 1981 con SNPE, B&P rispetta gli impegni alla virgola: salda puntualmente le rate del debito, riduce la produzione delle polveri e onora gli accordi commerciali a scapito della redditività. Eppure qualcosa non funziona. Gianni Manfredi è deluso, i francesi non fanno nulla per l'integrazione e per valorizzare le sinergie. SNPE sembra un gatto che gioca col topo.

A fine 1991, Baschieri & Pellagri comincia a comprare polvere da sparo anche dalla Snia Bpd di Orbetello (allora nell'orbita del Gruppo Fiat). Viene negoziata con i sindacati una cassa integrazione straordinaria. Nei primi mesi del 1992 la produzione delle polveri in B&P è ridotta praticamente a zero. Evidentemente si vuole far capire ai francesi che questo business è sacrificabile. A febbraio Gianni Manfredi, che continua a sperare nell'alleanza con i francesi, negozia un nuovo accordo che prevede il passaggio a SNPE di quote B&P. Le opinioni su questo accordo sono divergenti. C'è chi, come Gianni Manfredi, vede un futuro sotto l'ala grande del cugino francese. C'è chi invece, come Gino Ghini, non vede altro che un'azione di speculazione sulle debolezze dell'azienda italiana. Le discussioni interne sono vivaci, la tensione è palpabile. Gino Ghini convince Gianni Manfredi a rispettare le scadenze del debito per non passare dalla parte del torto.

Il giorno in cui Gianni Manfredi viene a sapere – per ironia della sorte, proprio da un collega francese legato da rapporti di stima personale – che SNPE ha acquisito il ramo d'azienda Snia Bpd da cui B&P si approvvigiona di polveri, e tutto questo tenendo all'insaputa i bolognesi, non dev'essere stato un bel giorno. Eppure Gianni Manfredi crede ancora nell'accordo.

Il 17 luglio, in una riunione a Milano, si gettano le basi dell'accordo per far entrare SNPE nella compagine azionaria. La firma è programmata per il 29 luglio. A questo punto succede che il destino pensa di calare le proprie carte, in questo caso tragiche. Due giorni prima della firma dell'accordo, il 29 luglio 1992, Gianni Manfredi, all'età di 54 anni, due anni in meno rispetto a suo padre Adolfo, muore per un infarto.

Dimostrando un'eclatante mancanza di savoir-faire, i francesi chiedono di mantenere l'incontro già fissato. Il giorno prima, il 28 luglio, Nerio Cicotti su invito di Paolo Manfredi e con il pieno appoggio di Gino Ghini, accetta di diventare Consigliere Delegato. È la prima volta nella storia dell'azienda che alla direzione operativa viene nominata una figura esterna alla famiglia Manfredi. La Presidenza va a Paolo Manfredi.

Il fatidico 29 luglio, a Castenaso, a incontrare i francesi ci sono dunque Paolo Manfredi e Nerio Cicotti. Nella migliore tradizione B&P, pur a denti stretti, dichiarano di essere pronti a onorare gli accordi fatti dal loro predecessore. E qui succede un imprevisto. La dirigenza SNPE, facendo assegnamento sulla débacle imminente degli italiani privati della loro guida carismatica, si rimangia la parola e rigetta l'accordo. L'azienda si ferma da luglio a dicembre, in attesa che succeda qualcosa. Per non fermare del tutto la produzione, si acquistano dei fondi di magazzino da Snia Bpd, ma la situazione non è sopportabile più a lungo.

Il 3 dicembre 1992 Nerio Cicotti vola a Parigi e affronta da solo un grande tavolo di dirigenti francesi. La proposta che si sente fare è cedere interamente la società a SNPE, ‘tenendosi' in cambio l'immobile. A questo punto la contrapposizione è insanabile, esplode lo scontro. B&P decide di impugnare l'accordo del 1981, sostenendo che era stato violato da SNPE, cessa l'acquisto di polveri francesi e contestualmente riprende la produzione interna delle polveri. Partono le iniziative legali da entrambe le parti.

A Castenaso è il momento della riscossa. Ci si rimbocca le maniche, ai soci viene chiesto di ricapitalizzare l'azienda, si ristruttura il debito a medio e lungo termine, si riorganizza la rete commerciale e si punta sull'export delle cartucce originali. In tutta l'azienda si avverte uno scatto d'orgoglio, i sabati lavorativi si susseguono a ripetizione, le rivendicazioni sindacali vengono messe fra parentesi. Nerio Cicotti è anche Direttore Commerciale ad interim, viaggia come un vortice in giro per il mondo, creando nuove opportunità. I risultati non tardano a venire, e il vento torna a soffiare in poppa. Nel 1995 viene firmato un accordo per la produzione delle cartucce da caccia con marchio Remington, con impiego del bossolo Gordon System™. Nel 1996 il debito è estinto. Per rientrare in possesso del suo prezioso patrimonio immobiliare, Baschieri & Pellagri richiede l'arbitrato presso la Camera di Commercio di Parigi, dove, a quanto era stato riferito, nessuna azienda straniera era mai riuscita ad avere la meglio su un'azienda controllata dallo Stato francese.

Parigi, 14 novembre 1997: una data storica. Una piccola azienda italiana, dopo ben 17 passaggi in giudizio vinti, ottiene ragione anche dalla giustizia arbitrale francese e mette a tacere Golia. Per citare un'altra canzone, questa volta di Paolo Conte, amatissimo dalle parti di Parigi: “E i francesi ci rispettano, e le palle ancor gli girano”.

Box Una rosata di campioni
Ennio Falco, oro olimpico ad Atlanta 1996 nella specialità Skeet maschile. Chiara Cainero, oro olimpico a Pechino nel 2008 nella specialità Skeet femminile (il primo oro olimpico femminile italiano!). Entrambi della squadra Forestale, entrambi tiravolisti affezionati al marchio B e contraccambiati con accordi di sponsorizzazione duraturi. Come altri campioni, si sono visti spesso al poligono interno, a Castenaso, per provare, riprovare, scegliere polveri, cartucce e fucili con sempre un tecnico balistico B&P a portata di consulto. Prima di loro, era toccato ad altri grandi nomi del tiro a volo nazionale. Come Galliano Rossini, oro olimpico nella specialità Fossa olimpica a Melbourne (1956). O Luciano Giovannetti, oro olimpico nella Fossa olimpica a Mosca (1980) e Los Angeles (1984), il primo a vincere due ori olimpici consecutivi. Non a caso il titolo di un annuncio pubblicitario B&P dei primi anni duemila era: “Sappiamo come caricare i campioni”. La ricerca di un rapporto privilegiato con i grandi tiratori nasce con Ulisse Manfredi, che già negli anni '30 intuisce – in anticipo sui tempi – i reciproci vantaggi. Allora termini come sponsor e marketing erano di là a venire, le tecniche della promozione moderna non erano codificate… Manfredi fa leva sulla fame di gloria che alberga più o meno espressa in ogni sportivo che consegue grandi risultati. Il marchio Baschieri & Pellagri comincia a essere associato alle gare più impegnative del circuito nazionale e internazionale. Questa tradizione di mecenatismo viene raccolta e rafforzata dal figlio Adolfo nel dopoguerra. Adolfo Manfredi, conosciuto anche come ‘Dodo' sui campi di Tiro al piccione e di Trap, è un ottimo tiratore in prima persona e “gran fucile completo”, partecipa con assiduità alle gare… È merito suo se Ennio Mattarelli lascerà l'azienda elettrica per cui lavora ed entra in Baschieri & Pellagri nel reparto vendite. Ma soprattutto è merito suo aver compreso il suo immenso potenziale sportivo, spingendolo a coltivarlo e valorizzarlo. Ennio Mattarelli ripagherà con un carnet di vittorie impressionante: oro olimpico a Tokyo 1964 (il giorno prima della gara centra 200 bersagli su 200), 2 titoli mondiali a squadre e 2 titoli mondiali individuali, 2 titoli europei a squadre e 1 titolo europeo individuale. Aveva iniziato a sparare a 26 anni, all'epoca in cui “Se vincevi, ti davano salami e prosciutti”. Dopo il ritiro dallo sport attivo, Mattarelli diventa Commissario tecnico della nazionale fino ai giochi di Barcellona. In parallelo, disegna campi di tiro, si dedica come imprenditore alla costruzione di fucili di alta qualità e di macchine lancia-piattelli, guadagnandosi stima e reputazione, e va a caccia con compagni illustri, come Raul Gardini, e in tempi più recenti Ugo Ruffolo. Grande amante dell'Africa Australe, trascorre diversi mesi all'anno nella sua tenuta in Botswana. Humour felsineo ed energia vitale sono quelli di sempre. “Tempo fa la mia casa è stata svaligiata e i ladri si sono portati via anche l'oro di Tokyo. I miei pastori tedeschi si sono fatti abbindolare da un… salame (ho trovato la carta che lo avvolgeva in giardino). Mi è toccato ordinarla di nuovo in Svizzera, dove si conservano tutti i calchi delle medaglie olimpiche”. In B&P si conservano i ‘calchi' virtuali di tante medaglie per il Tiro a volo: 8 ori olimpici, 68 ori ai Campionati del Mondo, 75 ai Campionati europei, 9 ori alle Coppe del Mondo e 257 ori ai Campionati Italiani. Tutte vinte da campioni che sparavano Baschieri & Pellagri.


Capitolo VIII - Un giro di giostra
1999-2010


Quando si ricostruiscono percorsi di storia recente, tornano in mente i tempi di scuola, quando la storia contemporanea si studiava sempre di corsa, perché la fine dell'anno si avvicinava, bisognava recuperare, e forse ci si era dilungati troppo nell'affrontare i secoli precedenti… Forse non era solo una questione di fretta. È che via via che ci si avvicina al presente, i fatti non sono ancora stati ordinati, assimilati, disposti accuratamente sugli scaffali. Sono ancora, per così dire, in movimento. Ad ogni modo, almeno a onor di cronaca, ecco gli avvenimenti dell'ultimo decennio.

Alla fine del mese di giugno 1999, alcuni componenti della famiglia Manfredi decidono di cedere le loro quote societarie a Maria Angela Cimatti Ghini, fino ad allora socia di minoranza. Finisce con questo travaso di quote un ciclo di 114 anni che ha visto il controllo dell'azienda saldamente in mano ai discendenti del fondatore. Per oltre un secolo la dinastia dei Manfredi ha legato il proprio nome a quello dell'azienda, e questo legame trovava la sua ragion d'essere nella passione per la caccia e il tiro di tutti i Manfredi: Ulisse, formidabile nell'insegnare agli altri a sparare; Adolfo, grande tiratore, oro ai Mondiali a squadre al Cairo nel 1950, e ottimo cacciatore di valle; Paolo, cresciuto con la passione per la caccia e il tiro, arrivato secondo agli Europei in Portogallo, nel 1967; Mario, atleta di vaglia, arrivato secondo al Tiro al piccione agli Europei di Vittel nel 1969, secondo a Siviglia nel 1971, e ancora secondo al Tiro al piattello agli Europei di Torino nel 1973. Il passaggio avviene comunque all'insegna della continuità, e Paolo Manfredi mantiene la carica di Presidente.

Nel mese di luglio del 1997 erano stati effettuati degli ennesimi lavori di bonifica del terreno per eliminare residuati bellici. A operare sul campo era la Sezione Rifornimenti e Mantenimento dell'Esercito Italiano di stanza a Sesto Fiorentino. Ma nemmeno questo basterà a ripulire del tutto l'area e a spezzare la coda lunga della guerra e dei danni provocati dall'occupazione militare dello stabilimento.

28 luglio 2002. È destino: l'esplosione del 1947 non doveva essere l'ultima. Alle ore 9 e 18 quattro boati terrificanti si propagano nell'aria, facendosi sentire fino a Bologna. Le persone si accalcano, si temono vittime, accorrono il sindaco di Bologna, il prefetto, i giornalisti… Per fortuna è domenica e non si registrano vittime o feriti, solo danni materiali. Un grande cratere ha preso il posto di due essiccatoi polveri e di uno dei locali per la miscelazione. Le autorità chiudono l'impianto delle polveri, che resterà bloccato per 30 mesi, i tempi richiesti per una bonifica definitiva dell'area dal costo esorbitante. Con l'aiuto del Genio di Padova, si ripuliscono 500mila metri quadrati in profondità. Il metodo ricorda quello del salvataggio delle vittime di valanghe: si tracciano quadrati di 2,80 metri per lato, e in ogni quadrato si buca il terreno in cinque punti, uno al centro e quattro negli angoli, con un'asta metallica che arriva fino a 5/6 metri di profondità. Le indagini riconoscono che l'incidente è causato da uno dei 4.000 residuati bellici (bombe a mano e proiettili da mortaio) rimasti interrati dopo gli scoppi del 1947 senza che nessuno ne fosse a conoscenza.

Intanto, sul fronte cartucce, lo schema dell'accordo con Remington Arms Co. dimostra di essere valido, e viene replicato con altre società come la belga Browning International, partner europeo dell'americana Olin-Winchester, e la svizzera RUAG Ammotec. Oggi, circa il 60% delle cartucce prodotte ogni anno in Baschieri & Pellagri è commercializzato con un altro marchio. La forza di questi accordi è che non si tratta di prodotti uguali con etichette differenti, bensì di prodotti sviluppati secondo le specifiche concordate con le case committenti e con polveri, bossoli e borre ben distinti. Ne va del buon nome di tutti!

Nel 2004 viene finalizzato l'accordo con Fiocchi Munizioni Italia per la creazione di un polo logistico all'avanguardia presso Baschieri & Pellagri. Nasce IAG Italian Ammunition Group. Per una volta si può dire senza sbagliare che un'immagine vale più di mille parole: le fotografie delle campate dei nuovi magazzini danno ragione del livello tecnologico e logistico raggiunto. Sia gli accordi di joint venture produttive, sia le alleanze logistiche, sono il frutto del paziente lavoro di tessitura portato avanti da Nerio Cicotti. Tessitura è la parola giusta per definire un lavoro infaticabile – davanti e dietro le quinte – di ricerca di nuove opportunità e alleanze, di scommesse vinte contro i pronostici più sfavorevoli e di capacità di non lasciar cadere i guantoni, anche quando tutti gli altri sono facili profeti di sventura. Nerio Cicotti è il volto nuovo dell'azienda, stimato all'interno come all'esterno, la persona con cui stringere accordi e immaginare grandi progetti, con cui lavorare seriamente per fare industria, cioè quella chimica straordinaria che si produce quando business, tecnologie e uomini trovano il punto di equilibrio.

Il polo logistico è l'ultimo tassello di una filiera che lavora senza pressione, ossia con un potenziale ben più elevato rispetto alla produttività in corso. I numeri di questo potenziale su base annua sono: 470 tonnellate di polvere, 300 milioni di cartucce, 125 milioni di bossoli Gordon System™ e 1 miliardo di borre in plastica. Oggi, i conti di Baschieri & Pellagri sono in salute. Il morso della crisi globale si è avvertito, ma senza drammi. Il futuro non fa paura. L'età media degli addetti è di 41 anni, con una tendenza alla discesa grazie alla continua immissione di giovani. La fabbrica si è aperta ai lavoratori extracomunitari, in particolare quelli originari dal Pakistan e dal Marocco: nel Reparto polveri superano il 50%, la loro motivazione e il desiderio di integrarsi fanno di loro una risorsa straordinaria.

Anno 2008, il 125° anniversario si avvicina. Quale miglior modo per andare incontro alla ricorrenza che – in omaggio alle proprie radici di polveristi – lanciare una nuova polvere, la MG2, una lamellare di un bellissimo colore amaranto? Le lettere del nome sono le due M di Marco Manfredi e le due G di Giuliano Giorgini. Come tutte le polveri B&P in produzione, è una nitrocellulosa modificata, ossia composta per il 90% da nitrocellulosa con elevato titolo di azoto e per il 10% da nitroglicerina.

Come tutte le polveri B&P, anche l'ultima nata produce in chi spara una piccola scarica di adrenalina, mista al compiacimento per aver scelto una qualità senza compromessi. Ci piace pensare che in questa magica frazione di secondo che segue a ogni tiro, come per incanto – se si affina lo sguardo in controluce – si possono intravedere all'orizzonte le silhouette di tutte le persone che hanno contribuito con il proprio piccolo ruscello di destino a fare più ampio e tranquillo il fiume Baschieri & Pellagri. Guardate bene, vedete? Ci sono tutti: il fondatore Settimio Baschieri e il suo socio chimico Pellagri, i patriarchi della dinastia dei Manfredi, visionari e appassionati, le donne che si sono avvicendate al loro fianco, i Maccaferri dal carattere deciso, i tecnici come Pincelli e Giorgini, che forse all'esterno non dicono molto, ma in azienda sono degli atlanti, e infine gli uomini del presente, i nuovi capitani come Nerio Cicotti, Giovannni Ghini e Paolo Manfredi, che hanno tessuto con pazienza e abilità le trame della rinascita. Ma se si guarda ancora meglio, ci sono anche gli operai, gli agenti, e gli impiegati, i guidatori di camion e gli armieri che hanno creduto in questo marchio, e poi i superesperti che nei forum del web fanno a gara su chi ne sa di più dei prodotti B&P, i collezionisti di scatoline in latta ormai introvabili e anche la signora Carolina che dalla notte dei tempi cucina con amore i pasti della mensa, e poi una galleria sterminata di personaggi amici accomunati dalla passione per il tiro, come Ennio Mattarelli, artigiano sommo e tempra di campione (che fair play quando a proposito della figlia ambientalista che lavora con lui dice con sincero rispetto “La gente la pensa come vuole”!) o Etienne Strassburger, possidente ungherese riparato in Italia durante la Seconda guerra mondiale che si manteneva con i premi delle gare di Tiro al piccione e annotava in misteriosi taccuini le caratteristiche tecniche dei fucili di tutti i campioni che lo sfidavano, il peso del calcio del fucile, la lunghezza e il diametro delle canne… E tutto questo in una frazione di secondo, dite voi? Come dicono i maestri d'arco Zen: “Un colpo – una vita”.

Box Dalla réclame allo status symbol
Se si abbraccia con un solo sguardo la comunicazione pubblicitaria italiana del secolo passato, si possono stabilire due fasi principali, entrambe legate a un… cane. Anzi, due cani. Il primo è il Jack Russel Terrier dallo sguardo triste che ascolta il grammofomo. L'immagine è presa da un quadro del 1898 realizzato a Londra dal pittore Francis Berraud. Circolerà in Italia sui dischi 78 giri de La voce del padrone, e poi sugli altri fino al 1967, prima di confluire nell'etichetta EMI. La scena è vagamente malinconica, ma una volta impressa non si scorda più. Ci riporta alla Belle époque, ai cappelli Borsalino, alle navi da crociera, alle pubblicità di liquori… Il livornese Leonetto Coppiello, erede della tradizione di Toulous-Lautrec, firma i celebri manifesti con la zebra rossa per Cinzano (1910) e con il guitto che esce dalla buccia d'arancia a spirale (Bitter Campari, 1921). Le immagini dei suoi cartelloni sono sintetiche, immediate, originali. Gli fa eco il triestino Marcello Dudovich, con i cartelloni per La Rinascente e il Lloyd Triestino, altrettanto emblematici dell'epoca. Il secondo cane è quello dipinto da Luigi Broggini per l'Eni nel 1953, il centauro a sei zampe riconosciuto in tutto il mondo come sinonimo di carburante. I comunicati stampa dell'epoca affermano che le due zampe in più, oltre alle quattro che simboleggiano il motore, sono quelle del guidatore (4+2). L'immagine della creatura metà sauro e metà lupo che si volta per eruttare fuoco dalla bocca è fantastica, aggressiva, e sconfina nel territorio del mito. È quasi una profezia di ciò che diventeranno i marchi nel giro di breve tempo: non più un amo suadente, una preghiera, l'invito a scegliere un prodotto, ma piuttosto l'identità di un mondo che ingloba i consumatori attraverso un getto potente di esperienze ed emozioni. Eni apre stazioni di servizio e Motel sulle autostrade, le nuove cattedrali del consumo programmato. Dagli Stati Uniti arrivano i supermarket, e con essi la cultura del marketing, del target, della fidelizzazione... Lo stile passa in secondo piano. Le scelte del consumo devono essere argomentate razionalmente. E solo pochi, come Armando Testa, riescono a restare poetici pur facendo buona pubblicità. Anche i centoventicinque anni di comunicazione B&P possono essere ripartiti in due grandi tronconi, uno collegato al cagnolino in ascolto, l'altro al cane mitologico. Del primo fanno parte i manifesti storici di Baschieri & Pellagri. Il più noto e spesso pubblicato è realizzato dalla Litografia Ausonia di A. Reggiani di Bologna, nella seconda metà degli anni '30. Il cane guarda il giovane padrone levando il capo verso l'alto, che a sua volta, da seduto, deve alzare il capo per guardare il vecchio cacciatore con la pipa e il fucile. È una triangolazione che simboleggia bene la gerarchia sociale della caccia, a tutte le latitudini e in tutte le epoche. Un altro manifesto, quello con il cacciatore triste a fianco di quello sorridente, è stato copiato senza andare per il sottile dalla pubblicità di una rivista americana, con un ottimo gradimento presso il pubblico nostrano. Negli anni '50 e '60 – passando al secondo cane, il centauro esapode – l'illustrazione viene abbandonata a favore della fotografia, con esiti modernissimi: c'è la costruzione di un'estetica del prodotto slegata dal contesto, con cascate di cartucce di vari colori, e l'uso di effetti ottici e della serialità tipici della ricerca artistica più avanzata di quegli anni. E si arriva così alla fine degli anni '90. Quando, alla pubblicità del prodotto si sovrappone un progetto più ampio, che integra tutte le attività comunicazione B&P, curato nel corso di un decennio dall'art director Michele Furini. Il nuovo abito è in nero: il codice di un palcoscenico avvolgente, emozionante, carismatico. Il nero è un sfondo che rilancia e dà vita a ciò che contiene. È tipico di mondi che comunicano con il registro sensoriale: la moda, la cosmesi, il design. Il caso Baschieri & Pellagri ha fatto scuola nel settore. Spesso il nero viene associato a colori metallizzati in rilievo. I messaggi delle campagne cercano una nuova complicità con i cacciatori, in sintonia con l'evoluzione degli stessi cacciatori, sempre più sensibili all'abbigliamento, agli accessori e a tutti quei segni che rinforzano lo stile di vita e di caccia. Non a caso le due principali competizioni di tiro organizzate direttamente da B&P, la Coppa Manfredi e la Coppa Ghini, godono di sponsorizzazioni da parte di marchi di culto, come la casa di orologi Eberhard.

Eugenio Alberti Schatz


Citazioni ordinate per autore

Gli dei, dal conto degli anni di vita che concedono agli uomini, detraggono tutti i giorni passati a caccia.
Da una tavoletta assira del 2.000 a.C.

Tutti si sono finalmente persuasi che la caccia non è solo un diporto da ricchi.
Eugenio Barisoni

Quando si torna con le pive nel sacco, pesa anche la scatola dei fiammiferi.
Antonio Bettolacci

Sparo Baschieri dal 2001 e ho una grandissima fiducia in questa cartuccia.
Chiara Cainero

Migliaia di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste. Ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi.
Luigi Einaudi

La caccia è uno dei mezzi per definire quale sia, per una data cultura, il posto dell'uomo nella natura.
Paolo Galloni


L'innegabile evoluzione tecnologica, il lavoro al reparto polveri non è molto diverso da come si faceva in passato: le persone che vengono da noi devono avere coscienza della particolarità del lavoro, devono saper reggere la tensione e possedere autocontrollo. Insomma, essere persone con un senso del dovere e della sicurezza un po' speciale.
Giuliano Giorgini

Improvvisamente giunse una coppia di codoni, da chissà dove, scendendo di sbieco in una picchiata veloce che nessun aeroplano era mai riuscito a fare…
Ernest Hemingway

Nello spazio in cui vive un cacciatore possono vivere dieci pastori, cento contadini e mille giardinieri.
Alexander von Humboldt

Siamo chimici, cioè cacciatori.
Primo Levi

Episodi salienti dei racconti di nostro padre, non eravamo mai stanchi di sentirli. E, all'inverno successivo, attorno al fuoco, non mancavamo mai di richiedere, per l'ultima volta, e così di seguito, sempre per l'ultima volta, i nostri racconti preferiti, gli avvenimenti della caccia rientravano sempre nel mondo magico che, da padre in figlio, sopravviveva misterioso da secoli.
Emilio Lussu

E con questo io dichiaro l'Acapnia la regina delle polveri nitrocomposte da me usate e conosciute.
Beniamino Magni

Quando sali in pedana, la cosa più difficile è dominare l'emozione.
Ennio Mattarelli

Il vero gentiluomo si vede a caccia.
Indro Montanelli

Il cacciatore vero è colui che abbatte perché è andato a caccia e non già l'uomo che va a caccia per abbattere.
José Ortega y Gasset

Leggere e non intendere è come cacciare e non prendere.
Proverbio dei cacciatori

Quando arrivano le polveri Baschieri & Pellagri, anche le tigri chinano il capo!
Padre Adriano da Civitella

Le vere innovazioni in Italia nel campo della balistica interna ed esterna delle armi da caccia a percussione centrale hanno avuto origine fra Bologna e Lugo di Romagna.
Giuliano Preda

Quelle mattine sul finire dell'autunno sempre uguali e sempre nuove: le vette lontane con la neve e il sole, il bosco freddo e in ombra la valle in basso con i pascoli coperti di brina lucente, i larici gialli e contorti, sulle rupi, lo scagnare dei segugi lontani e il canto frettoloso e breve degli uccelli di passo, il fumo della sigaretta e tutto il resto con lui in quel posto. E lui più padrone di tutti i padroni del mondo messi insieme; ché nessuno comandava e neanche lui, ma ogni cosa era più sua di ogni altro perché la terra, l'aria, l'acqua, non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini o meglio di chi sa farsi terra aria acqua e sentirsi parte di tutto il creato.
Mario Rigoni Stern

Ehi, amico! Quattro cartucce sono un po' troppe per sbagliare un falchetto, la quinta dev'essere mortale!
Emilio Scheibler

Segnale di chiamata — — —
Sono il capoguardia — •
Ci sono novità? — • —
Segnale di risposta — — —
Sono il II guardia — • •
Niente di nuovo — • • —
Segnali di tromba

Il bancone con le bilance, le presse, i misurini per preparare le cartucce, gli armadi vetrati pieni di bossolo multicolori, le stampe colorate incantavano l'adolescente.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Uno dei vantaggi principali della caccia consiste nel fatto che essa vi induce a spostarvi senza posa da un posto all'altro, il che è estremamente piacevole per chi non ha nient'altro da fare.
Ivan Turgenev

I grandi cacciatori
non fanno mai errori
e nella giungla dei momenti neri
cacciano i dubbi, cacciano i pensieri.
E finalmente soli
non hanno più paura.
Niente donne mangiauomini
ma elefanti e ippopotami,
niente donne, niente tradimenti
ma il veleno vero dei serpenti,
niente donne in gabbia d'ora in poi
ma pantere nere…
Ornella Vanoni (testi di Sergio Bardotti - Nini Giacomelli)

Ah, se potessi camminare anch'io come lui! Con quel passo così lento, calmo, freddo.
Inoue Yasushi


Bibliografia

AA.VV., Caccia e natura nella pittura italiana dell'Ottocento, catalogo della mostra, Pagliai Polistampa, Firenze, 2003
AA.VV., Dal ferro all'acciaio - Brera Siderurgica Spa, Aeda, Torino, 1967
AA.VV., Toscana - Cento anni di caccia, Giampiero Pagnini Editore, Firenze, 1990 ‘Caccia e Tiri', Raccolte complete, Milano 1891, 1892, 1893 e 1896
Valerio Castronovo (a cura di), Cento anni di industria, guida alla mostra, Milano, 1988
Indagine Eurispes, Dieci anni di caccia - Evoluzione del mondo venatorio in Italia, Roma, 2000
Italo Bruno Fabbri, Albo d'Oro per gli ottant'anni di Baschieri & Pellagri, Torino, 1967
Paolo Galloni, Storia e cultura della caccia, Laterza, Bari, 2000
Ernest Hemingway, Tutti i racconti, Mondadori, Milano, 2006
Ernest Hemingway, Romanzi, vol. II, Mondadori, Milano, 2006
José Ortega y Gasset, Discorso sulla caccia, Editoriale Olimpia, Firenze 2007
Vincenzo Padiglione, Il cinghiale cacciatore, Armando Editore, Roma, 1989
Fernando Pivano, ‘Io e Ernest, amico cacciatore', in Excellence - The Beretta Magazine, n. 1, 2003
Giuliano Preda, Armi Zanotti - Registri storici, Edit, Faenza, 2007
Emilio Scheibler, Starne - Fagiani e lepri, Olimpia, Milano 1950
Rosanna Schirer, Mattarelli, padrone dei piattelli, in ‘Gazzetta dello Sport', 30 ottobre 1999
Roger Scruton, Sulla caccia, Editoriale Olimpia, Firenze 2007
Vittorio Strada, ‘Mito e antimito di Hemingway in Russia', in L'ultima corrida di Hemingway, Reverdito Editore, Trento 1986
Giovanni Vicentini, ‘Con i piedi sotto la tavola', in Il Circolo della Caccia in Bologna dal 1888 ad oggi, a cura di Giancarlo Roversi, Bologna, 2001


torna a Torna a Testi pubblicati