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Nessun uomo sia isola: sia arcipelago! Qui trovate veri link verso mondi che partecipano dello spirito di Ladomir. Potrebbe essere che dicano più loro, su questo spirito, delle parti descrittive tradizionali di questo sito. Correte il rischio.

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[15/12/2007]

# 21_Piero Pieri

Ci siamo conosciuti in occasione di un leggendario viaggio in Olanda molti anni fa a bordo di una Citroën fatiscente che bisognava abbeverare d'olio ogni cento chilometri. Piero era di qualche anno più grande e avviato più di noi a una carriera accademica che oggi lo vede ordinario di Letteratura italiana contemporanea all'Università di Bologna. Le sue battute erano puntuali e feroci, anzi era come se vivesse in una battuta. E poi si era occupato di Michelstaetder, autore da me assai amato. Al ritorno scoprimmo una sua dote naturale: riusciva a guidare a 120 chilometri orari dentro un muro di nebbia densa come il burro. A distanza di anni, lessi il suo primo romanzo edito da Stampa Alternativa, La notte di Stalin, quando il comunismo finì di morire anche sessualmente. Stalin è il nome di una mastodontica e ottusa amante che l'eroe subisce stoicamente, il linguaggio è sboccato e futurista. Nel 2004 pubblica il romanzo Furio, la storia di un giovane che si dà al cinema, una vicenda di formazione che finisce male. Nell'estate del 2008 l'ho invitato a scrivere il proprio epitaffio all'interno di un progetto editoriale su cui sto lavorando con Marco Vaglieri (vedi pdf). Piero Pieri ha risposto con una messe di epitaffi, uno più corrosivo, impetuoso, roboante e irreversibile dell'altro. Ci sembrava un torto sposarne uno solo, così appaiono su Ospiti, visto che gli esclusi sono destinati a rimanere inediti. Ben ritrovato, Piero. (Se te ne vengono altri, mandaceli.)



[7/7/2007]

# 20_Eugenio Carmi

Il 19, 20 e 21 ottobre di un lontano 1967 a New York si teneva presso la New York University il II Convegno internazionale sui problemi della comunicazione visiva, dedicato al tema ‘La sopravvivenza e la crescita'. Al convegno, chiusosi con un'allocuzione di R. Buckminster Fuller, presero parte, fra gli altri, gli artisti europei Victor Vasarely, Jean Tinguely ed Eugenio Carmi, di cui pubblichiamo il testo dell'intervento. Nel testo sono riportati due diversi finali, uno tratto dal dattiloscritto autografo, e uno dagli atti pubblicati successivamente. Era l'epoca in cui gli artisti sentivano il peso di un lavoro da fare nell'interesse comune, di un discorso allargato, percepivano i prodromi di una crisi ineluttabile e reagivano esplorando in tutte le direzioni, senza remore o complesso alcuno. C'era ancora ottimismo, ma forse già un ottimismo amaro, poco convinto. Il mondo, ci avrebbe provato poi a cambiare, con le inquietudini sociali della fine degli anni settanta. Ma con quanta scarsa efficacia resta a noi da valutare, quattro decadi dopo quella splendida (ci piace immaginare) riunione di spiriti visionari. A noi orfani di ogni discorso.
Le immagini fotografiche vengono dalla Sardegna e sono di Mario Pischedda, un autore che sfugge a qualsiasi tentativo di etichettatura. Sono state realizzate in un arco di tempo che va va dal 1989 al 2007, e sono state 'linkate' ad hoc ad alcuni passaggi del discorso. È un discorso visivo ex post che combacia perfettamente, ci pare, con lo spirito situazionista del discorso carmiano.



[21/5/2007]

# 19_Alina Rizzi

Una frase di Graham Greene ha colto talmente nel segno da diventare un aforisma celebre: lo scrittore deve serbare ‘una scheggia di ghiaccio nel cuore'. La scrittura di Alina Rizzi ha occhi di ghiaccio per narrare di eros e di morte. Ha pubblicato raccolte di poesie e romanzi, dalla sua prova d'esordio Amare Leon Tinto Brass ha tratto il film Monamour (2005, distribuito però solo in Francia): una storia che ha per palcoscenico il Festival di Letteratura di Mantova. Alina Rizzi collabora con riviste e giornali, ha curato interessanti ‘volumi pratici' come il Dizionario completo dei nomi, Il linguaggio dei fiori e Come salvare un matrimonio in crisi. L'inedito Oasi si spinge su un terreno tabù, ricostruendo la scena di un delitto indicibile con un linguaggio piano, familiare. Sarebbe interessante che scrivesse lo stesso racconto dal punto di vista del marito – come ha fatto Clint Eastwood con il dittico Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima, e prima di lui Eschilo con I Persiani, seppure nella vicenda moderna di Alina Rizzi le due facce della medaglia siano identiche: tutti perdenti. L'8 marzo 2007 Oasi ha vinto il primo premio del Concorso letterario Scrittura femminile Città di Trieste, dunque non è più un inedito, ma quando Alina ci aveva inviato il testo ciò non era ancora successo.
Il racconto è illustrato da 6 tavole di Kito Amarilla che ci arrivano dall'Argentina (Mar del Plata) grazie all'amorevole mediazione di Juan Benassi, amico da tanti anni e attento non solo alle cose prosaiche della vita. Kito, di formazione scenografo e disegnatore, ha insegnato nelle scuole elementari e superiori ma si è anche 'sporcato le mani' insegnando attività artistiche nei quartieri, ai privati, a un gruppo di adulti con handicap neurologici... Una traiettoria engagè tipicamente sudamericana, o così ci sembra vista da qui. Segno spezzato, netto, che trasforma gli uomini in burattini, o tratti pastello che slavano e affumicano, rendendo le forme inafferrabili. Le figure umane colte nel loro spasimo, nel loro espressionismo, senza pudore rispetto ai momenti di turbamento estremo, ci sembrano imparentate con il racconto di Alina Rizzi. L'uomo è burattino nel teatro che altri uomini hanno voluto e costruito, tutti seguiamo il copione, e solo a pochi è concesso di non essere strattonati di continuo da strane entità che si muovono al buio sopra di noi, indossando il dolcevita nero – vuole la leggenda – così caro agli esistenzialisti francesi.



[29/4/2007]

# 18_Evelina Schatz_II

Dopo il florilegio poetico, L'Ospite ambiguo è lieto di accogliere il saggio di Evelina Schatz dal titolo L'uomo dell'epoca azzurra e l'irreversibilità dei secoli, scritto nel 1993 e dedicato alle epoche azzurre e alle epoche rosse. È una 'riflessione di poeta', un piccolo viaggio filosofico che attraversa con polso fermo il contributo di grandi pensatori russi come Berdjaev e Florenskij, di grandi poeti come Chlebnikov e Achmatova, e soprattutto dei due grandi russi che si sono occupati nel Novecento della teoria dei cicli delle civiltà: Kondrat'ev e Gumiljov. Nel nostro assolato paese non abbiamo dimestichezza con voli che abbracciano la noosfera e riescono a parlare con profondità verticale. Tanto più prezioso il testo pubblicato. Come suggestione visiva, un'alternanza di campo azzurro e campo rosso da far scorrere in velocità stroboscobica, pigiando il tasto ‘successiva' senza esitare. Nella speranza di una nuova epoca azzurra.



[21/3/2007]

# 17_Carlo Vita

Bisogna aver vissuto intensamente per diventare leggeri. Carlo Vita ci ha fatto dono del testo di una relazione pronunciata al Teatro Ariston di San Remo in occasione del VII Convegno Internazionale Da Ulisse a...Il viaggio in treno tra quotidianità e sogno (5-7 ottobre 2006). Il testo dal titolo I viaggi e il passato in realtà, dormiva da qualche anno in un cassetto. Siamo di fronte a un saggio superno di understatement, si immagini un caffé degustato conversando quietamente, accasciati in una poltrona di vimini in una veranda di un residenza d'ambasciata in qualche paese imprecisato dell'Oriente. Grazie al tenore leggero delle parole, nessuno gronda sudore nonostante i 45 gradi all'ombra, e ci si sente parte di un popolo eletto di viaggiatori con il baricentro saldo e gli occhi spalancati.
Carlo Vita, giornalista, scrittore, dirigente di relazioni esterne e nel tempo libero pittore e illustratore, nato a Verona e vissuto a lungo a Genova, ha pubblicato nel 2005 Figure, probabilmente - Disegni & doodles dal 1946 a ogg, di cui presentiamo con gioia alcune chicche difficili da dimenticare.



[14/3/2007]

# 16_Giorgio Taborelli_II

Cupio dissolvi, o l'elegia della neve in polvere. Il dramma comico in tre atti Il circo (2003) è la storia di una dissoluzione grottesca, due uomini e due donne che si cibano della carcassa dell'essere umano, un lento scivolare verso l'abisso. La figura della Nonna, la sua inventiva da Vanna Marchi rallenta questo precipitare con ingegnose trovate per sbarcare il lunario. Non è proprio un Cirque du Soleil quello che ci propone Taborelli. Chissà chi avrà il fegato di portarlo in scena. Sarebbe bello chiedere a un oligarca russo di sponsorizzare la scena finale e usare ‘neve' autentica. Leggetelo intanto, se vi piace osservare l'abiezione di uno Scarface collettivo che incrocia scabrosamente quattro destini elettivi in salsa Tarantino con una spruzzata di Beckett. Resta un mistero che per me non trova soluzione: perché il circo è così malinconico? Nel 2006 è uscito per i tipi di Ponte alle Grazie Il giardino dei melograni, il primo volume del ciclo monumentale Vita di Don Giovanni. Qualcuno dice che è un capolavoro, nessuno sospetterebbe che l'autore possa aver pensato e scritto una storia così truce come quella de Il circo.
Scoprirete che la divinazione taroccata, il bisogno di conoscere il domani anche quando la fonte a cui ci si rivolge non è plausibile, insomma il desiderio di credere oltre ogni ragionevolezza, è un tema forte della pièce di Taborelli. Le tavole allegate sono l'interpretazione che ha dato Roberto Clemente ad alcune carte dei Tarocchi di Marsiglia. Si è lavorato insieme per un progetto che non ha visto luce, ma meritano pure di vedere una qualche luce sul web.



[16/7/2006]

# 15_Silvia Vecchia

È bello quando gli amici combinano qualcosa di bello. Il racconto Casquet è un unicum da noi letto anni fa e di recente richiesto a Silvia Vecchia per la pubblicazione su ladomir.com. Non ci risulta siano stati scritti dall'autrice altri racconti prima o dopo di questo. Circostanza che lo rende ai nostri occhi – per naturale suggestione – ancora più denso e compiuto. Nei suoi misurati movimenti Silvia ha infuso la sua grande passione per il tango. Il tango strega, ça va sans dire. Bastano pochi giri di pentagramma, e il cuore comincia a pulsare in modo asimmetrico, planando come in un quadro di Chagall su porti, città, boulevard popolati di acacie, donne fatali, vite che si giocano in pochi istanti e nostalgia, nostalgia, nostalgia… anche di luoghi e volti mai visti. Un succhiello che si avvita pescando sotto il plesso e porta in superficie quasi a forza una materia incandescente, che rimane calda e rossa a lungo prima di rapprendersi. Non piangere per noi, Argentina.



[16/5/2006]

# 14_Cesare Eugenio Narici

AABBA. 5 versi in cui il primo, il secondo e il quinto sono di 8 sillabe e rimano fra di loro. Anche il il terzo e il quarto sono in rima, ma sono di 5 sillabe. Questa è la struttura dei limerick (in italiano limericco), componimenti gioiosi e assurdi i cui autori più noti sono stati probabilmente Edward Lear (1812-1888) e Norman Douglas (1868-1952) ma che spesso circolano anonimi, come vuole la tradizione popolare quando si tratta di far ridere senza pudore. Ci sono anche dei requisiti di contenuto: occorre che il primo verso presenti un personaggio, spesso con la sua provenienza geografica, che il secondo ne definisca una caratteristica quanto meno strana o paradossale, nel terzo e nel quarto si svolga un'azione che costituisce l'oggetto della poesia, e infine nel quinto si torni a parlare del personaggio definendolo con un nuovo attributo che riassume tutto il limerick. Generazioni di accademici britannici si sono cimentati in questo genere, incrociando umorismo alto e licenziosità da osteria. In Italia, fra gli scrittori che si sono innamorati dei limerick c'è stato Gianni Rodari (1920-1980). Eccovi due chicche.

Una volta un dottore di Ferrara
Voleva levare le tonsille a una zanzara.
          L'insetto si rivoltò
          E il naso puncicò
A quel tonsillifico dottore di Ferrara.

Un signore molto piccolo di Como
Una volta salì in cima al Duomo
          E quando fu in cima
          Era alto come prima
Quel signore micropiccolo di Como.


Qui si propongono dieci versioni di Cesare Eugenio Narici, valente traduttore dall'inglese e, a detta di tutti i suoi amici, grande umorista nella vita. Direi limerick classici, fedeli alla tradizione della licenziosità, in cui spirito alto (costruzione metrica, senso dell'assurdo) e spirito volgare (pulsioni della carne, irriverenza, scopofilia) si intrecciano impunemente.



[14/4/2006]

# 13_Beno Fignon

Come funziona la testa di un autore di aforismi? Come nascevano le folgorazioni di Novalis? Che cosa genera questa visione sincopata del reale in cui un titolo di giornale, un incontro sul pianerottolo, un pezzo di cornicione stranemente mai considerato prima o uno scambio di battute con un amico vengono rapidamente riassemblati, proponendo un angolo di visione spesso paradossale? Non saprei. Penso a questi signori come a dei flâneur nei boulevard dello spirito, degli appassionati della domenica che con il metal detector cercano sulla spiaggia dei luoghi comuni qualche pepita. Nel caso di Beno Fignon – giornalista friulano trapiantato e Milano e impegnato in movimenti sociali e culturali, autore di prosa e poesia, con diversi libri pubblicati alle spalle, fotografo e 'aforistologo' di lungo corso – la vena è forte e soprattutto costante: ha superato quota 3.000! Una parte è pubblicata in Mille e un respiro - Aforismi, afasia, affanni, affabulazioni, affabilità per i tipi di Rubbettino (2004). Qui ne sono consultabili una parte risibile, meno dell'uno per cento. L'autore ha scritto: "Da ragazzo, più che lanciare grosse pietre nel fiume, amavo scagliare pugni di sassolini. Anziché quindi provocare note da basso tuba, ottenevo un arpeggio." Le fotografie, tutte scattate a Milano, sono di Anna Visini, giovane art director oriunda del Veneto, in sintonia mi pare con questa volontà di scandagliare il paesaggio quotidiano alla ricerca di scorci poetici sottopelle. Un centinaio di sue immagini sono scaricabili all'indirizzo www.confusedvision.it.



[3/3/2006]

# 12_Antonio Casilli_II

Luis Buñuel è famoso – oltre che per la filmografia – per la sua leggendaria timidezza con le donne, l'amicizia con Dalì, l'amore per i cocktail e gli aforismi. Il suo motto più famoso? 'Grazie a Dio, sono ateo.' Questo è meno conosciuto: 'Se qualcuno mi chiedesse se per caso ho dimenticato il mio cocktail giornaliero, dovrei rispondergli che ne dubito: quando si tratta di certe cose, ci penso con parecchio anticipo.' Al regista spagnolo tanto vicino ai temi del peccato, della morte, della corruzione della carne e del rovesciamento del sarcofago borghese, Casilli dedica un excursus fantastico, un cammeo in puro stile surrealista, con la vena dello zelig stilistico e intellettuale che ormai gli riconosciamo. Sembra composto con la tecnica suggerita da Dalì: abbandonarsi su un sofà con una sigaretta accesa fra le dita e cullarsi nel dolce limbo fra sonno e veglia, fra viaggio e tensione per non far appiccare l'incendio (peraltro la scrittrice brasiliana di origine ucraina Claice Lispector, 1925-1977, invece si addormentò, rischiando di morire e ustionandosi l'incantevole volto). Ricordo e non ricordo. So, ma da dove? Grazie a Dio, qualcuno si permette ancora il lusso di sbandare. Il racconto era stato scritto da Antonio Casilli per un progetto del gruppo Dormiveglia intorno a un famoso liquore rosso, mai andato in porto. Grazie a Dio il racconto è approdato qui. Servire ghiacciato.



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