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Nessun uomo sia isola: sia arcipelago! Qui trovate veri link verso mondi che partecipano dello spirito di Ladomir. Potrebbe essere che dicano più loro, su questo spirito, delle parti descrittive tradizionali di questo sito. Correte il rischio.

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[14/2/2006]

# 11_Miro Silvera

Il testo di Miro Silvera non solo è inedito ma è nato sull'onda della nostra richiesta: quale onore! È il ritratto di un autore singolare, per usare l'aggettivo nel titolo di una sua raccolta di poesie, che prende la macchina da presa e la gira contro di sé. Una soggettiva del soggetto. I lettori giustamente non si fideranno di questo sguardo, che di volta in volta sarà troppo modesto o troppo ambizioso – mai neutro, figlio di una sincerità costruita. Su noi stessi possiamo solo ridurre la deformazione ottica, non eliminarla. D'altronde l'autoritratto non deforma più di una biografia scritta da altri: la storia del cammino di un uomo è sempre ideologica, tende a trasformarsi in una parabola sotto i tuoi occhi, mentre la scrivi. Sono i limiti ineludibili di questo genere letterario. Il testo è denso, musicale e sognante come un orologio ad acqua in Andalusia. Speriamo solo che l'evenienza ventilata dall'autore di un 'silenzio finale' non si avveri, evitandoci il rischio di incontrarlo ai giardinetti mentre come Duchamp gioca a scacchi con pensionati più furbi di lui. Pause e silenzi sono necessari, ma la rarefazione priva le generazioni successive dei loro maestri naturali. Caro Miro, pensa al tempo lungo e scrivi. Il dono va esercitato, con misura sì ma con energica risoluzione. Tu hai scritto: tutto è stato / scritto / tutto è stato / detto / tutto è già / quasi / perfetto. In quel quasi sta il succo della vita. Parole tue. Perciò, caro Miro, scrivi scrivi scrivi. Più che puoi. Quando e dove puoi. Meglio che puoi. E non ti preoccupare, alle tue muse cosmopolite glielo diciamo noi.



[13/2/2006]

# 10_Valeria Montaruli

Erskine Caldwell (1903-1987) è lo scrittore americano più amaro che io ricordi, è stato un esponente di punta della cosiddetta ‘letteratura sociale'. Nessun epos, nessun filtro, nessun lirismo: vita degradata allo stato puro, personaggi che tirano la giornata in un tragico scenario di miseria e ignoranza. Scrisse il ‘ciclo del Sud' senza soldi e in solitudine, in una fattoria semiabbandonata. Faulkner e anche Steinbeck sono lontani. Scrittura nuda e cruda. Ho pensato a lui (e un po' anche ad Agota Kristof di Trilogia di K.) quando ho letto Espiazione in nero di Valeria Montaruli, all'autore che scrisse in Via del tabacco (1932) che ‘la vita della città non è stata creata da Dio'. Il ‘nero' del titolo allude al colore della pelle ma anche alla condizione del lavoro in nero del protagonista. Leggete e capirete: quando gli amici sono i peggior nemici, la vita non è più vita. Il racconto è un lento e inesorabile piano sequenza che toglie il fiato. Chapeau. Forse non è rappresentativo della sua produzione – ho ricevuto una messe di racconti inediti, ispirati secondo l'autrice al realismo magico e nel solco, aggiungo io, di una scrittura al femminile carica di sapori e di carnalità. Ma, non me ne voglia l'autrice, spiccava di netto. Valeria Montaruli lavora come magistrato a Taranto. Ha al suo attivo la pubblicazione di diverse raccolte di poesie e alcuni racconti. Mi ha scritto: 'Essendo stata giudice di Corte d'Assise, ho avuto modo di confrontarmi con aspetti del comportamento umano davvero inspiegabili secondo i comuni parametri.'



[12/2/2006]

# 9_György Réti

Olocausto: un quadrato nero nella coscienza d'Europa. Mi ricordo che quando ho frequentato il corso di cinema con Leonid Aleksejcjuk, uno dei temi affrontati è stata la difficoltà di esercitare una visione sul baratro filosofico di questo tema. In realtà, il cinema di Spielberg, Benigni e Polansky ha allargato negli ultimi anni il perimetro d'azione consentita. Arte e scrittura non possono voltare lo sguardo dall'altra parte, a costo di commettere errori: documentare non basta se vogliamo che la memoria sia forte e presente. La morte nei campi ha modificato il flusso della corrente di vita di così tanti destini… Nel racconto di György Réti – una lapide sul baratro della storia – si respira una cupa ironia praghese, per non dire kafkiana, tipica di chi è cresciuto nel blocco dell'Est ai tempi della guerra fredda. Il denaro – in età sovietica la sua endemica carenza, e ora in età post-comunista la sua triviale abbondanza – diventa metafora dell'assurdo, la scintilla del corto circuito. György Réti è uno storico e diplomatico nato a Budapest (dal 1993 al 1997 è stato consigliere dell'Ambasciata d'Ungheria a Roma). Ha scritto e pubblicato molto su questioni internazionali, sulle relazioni fra Italia e Ungheria e sulla storia dell'Albania. Illustrazioni: un olio e collage del 1962 di Eugenio Carmi, in visita a Praga nel 1962, impressionato dal muro con i 77 mila nomi delle vittime delle persecuzioni naziste e una recente installazione di Fausta Squatriti per il giorno della memoria.



[2/2/2006]

# 8_Marco Vaglieri_II

Pennellata sicura, ritmo in crescendo, prosa metallica: ecco L'incontro, il secondo racconto di Marco Vaglieri, scrittore imprestato all'arte, sul tema del fantasma. Siamo lontani dalla metafisica di Giro di vite di Henry James (1898), che quando parlava di loro usava il corsivo per sottolineare la loro inquietante alterità domestica. Il fantasma di Vaglieri è vivo e vegeto, parla, picchia, si emoziona, non è ossessivo e non ha particolari missioni da compiere nel mondo dei vivi: sta seduto su un muretto. Henry James diventa Sergej Dovlatov. Lo spettro è patetico quanto può esserlo un espatriato russo a New York, spiazzato, depistato, inutilmente e pateticamente infuriato. Nella famiglia di Vaglieri – zio, padre e figlio artisti – fantasmi, catarsi e psicanalisi sono in agguato. P.S. Il testo, pubblicato su l'Øspite ambiguo nel 2006, è confluito nel libro uscito nel 2009 a cura di Meri Gorni A mio padre per l'editore Campanotto, una raccolta di testi dedicati da figli e figlie alla figura del padre scomparso.




[12/11/2005]

# 7_Giorgio Taborelli

Taborelli è scrittore nel senso più ampio, tecnico e spirituale del termine, uomo di lettere a tutto tondo. Non so francamente di quale materia non abbia scritto: teatro, musica, opera, economia, strade e ponti, paesaggio, arte, fotografia, feste, giardini, archeologia industriale, terme... Con la sua casa editrice Soliart per decenni ha progettato e realizzato sofisticati libri strenna per le banche. Ha pubblicato L'impero delle donne (Piemme Editori 1993), un testo che fonde i generi della fantascienza, del trattato di gastronomia e del romanzo di formazione, e I miti del XX secolo (Mondadori, 1999), un successo internazionale. Accanto alla produzione di saggi, nel suo cassetto dormono decine di racconti e opere monumentali, in attesa di trovare la strada verso il pubblico in una patria, a dire il vero, poco attenta. Uomo proustianamente affascinato dalle élite – nei fondali delle quali si muove con agilità e che con divertita veemenza sa irridere, ha un dono: quello di descrivere fino all'ossessione la cultura materiale. Che cos'è? Andrea Carandini la definisce l'insieme di informazioni che affiorano dal sottosuolo dopo che le civiltà sono scomparse. Chiosiamo noi: segni parlanti, specchio del tempo. Per fare un esempio semplice, lo sguardo da entomologo di Luchino Visconti quando ricostruisce sul set la Sicilia dei gattopardi. Taborelli è un testimone implacabile. Il racconto inedito La China è un film su guerra e dopoguerra in Italia, una dolorosa quanto sommessa provocazione sulle origini sociali dell'alienazione mentale. La prosa secca mi ricorda i libri di Giorgio Antonucci contro il pregiudizio psichiatrico, in cui per pagine e pagine si riportano senza censura le schede cliniche di povere donne abbondanate nei manicomi dell'Appennino, schede rese note ai tempi delle calate, quando i medici basagliani si univano ai familiari scesi a valle per spalancare i portoni dell'obbrobrio. Con Taborelli condivido, spero, la lucidità di chi ama far nascere le cose anche dietro le quinte. Giorgio è certamente nella cinquina dei miei maestri di vita e di lettere, e alla sua saggezza ho avuto la fortuna di abbeverarmi.
Le immagini sono state scattate da un maestro della fotografia sociale italiana, Uliano Lucas, che ha dedicato diversi lavori al disagio mentale e ai suoi luoghi. La scelta è di Lucas stesso dopo aver letto il racconto.



[23/10/2005]

# 6_Fausta Squatriti

È davvero difficile comprimere in poche righe la biografia di Fausta Squatriti, artista, scultrice, poeta, editrice, animatrice di riviste, romanziere, insegnante in accademia (Carrara, Venezia e ora Milano). Artista affermata nei giri ‘alti' della scena artistica internazionale, è stata amica di Max Ernst, Lucio Fontana, Man Ray, Jesus Soto e molti altri, con i quali ha lavorato e dai quali, suppongo, abbia imparato molto. In casa, da piccolo, guardavo le sue sculture di ferro – alcune nere, altre colorate – così nette e chirurgiche, e al tempo stesso quasi liriche, e mi piacevano. Una poetica chirurgia spaziale applicata a ogni contesto, negli ultimi tempi con insistenza ai temi dell'orrore, del dolore del mondo, della guerra e del terrorismo. Una donna-chirurgo che in una camera sterile incide il mondo facendosi carico e cura del lavoro sporco, che qualcuno deve pur fare. Ecco quattro poesie recenti di Fausta Squatriti che volano alto sull'umanità portatrice di morte e sul male radioattivo. Sono tratte da una raccolta in gestazione dal titolo E non sono pazzi - poesie 2004-05. Le immagini che accompagnano il testo sono opere di Fausta pubblicate nel libro di poesia Carnazzeria (Testuale, 2004). Riponete i fazzoletti e allacciate le cinture.



[17/6/2005]

# 5_Antonio Casilli

Antonio Casilli, ovvero l'amico intellettuale emigrato a Parigi per una sana claustrofobia verso le sabbie mobili di questo luna-park bizantino che è l'Italia. Amico sincero, sincero incoraggiatore degli amici a prendersi sul serio, Antonio taglia gli argomenti con il rasoio di una mente acuminata scaraventata in avanti. Si è occupato di alienazione del capitalismo, mobbing, telelavoro, cybercyltura e rapporto fra corpo, società e nuove tecnologie. Instancabilmente, onnivoramente. Parla tante lingue, ha pubblicato tanti libri, ha dato vita a testate sul web e oggi è impegnato in una vigorosa carriera accademica (lavora in un centro di ricerca creato da Roland Barthes). Ma soprattutto, grazie al suo carisma e alla sua cultura, è riconosciuto dagli amici come un riferimento solido. Una sua battuta non delude mai. Illumina. Forse per questo, Casilli ogni tanto si diverte a giocare. Questa volta tocca ai futuristi, una sua passione di gioventù, con il brano Schiaffi e carezze.



[22/5/2005]

# 4_Evelina Schatz

Essere figli di un poeta è una storia a sé. La forza di sintesi che un poeta arriva a sprigionare nella sua visione delle cose e della vita certe volte non lascia spazio a repliche. Essere accanto a una sorgente che ti spiazza di continuo è al tempo stesso eccitante e intimidente. Non avere punti di riferimento comuni fa venire il mal di mare (qui sto parlando del poeta, non del genitore). Però, di contro, c'è un gran guadagno. Facciamo un esempio. Tu hai commesso un'imprudenza e ti trovi nella foresta senza strumenti per accendere il fuoco, come nel racconto di Jack London Accendere un fuoco (To build a fire, 1908). In quest'occasione, se sei figlio di poeta, non ti scomponi e ti godi invece l'ironia del destino e l'innegabile carica poetica di questo imprevisto. Ha i suoi vantaggi, dunque, lo status di figlio del poeta. Giocando su questa posizione di privilegio, ho voluto proporvi una scelta di poesie brevi che rompe qualsivoglia volontà dell'autore, insomma un'operazione scorretta e non filologica. Evelina ha pubblicato molte raccolte di poesia in italiano e in russo, ma molte più poesie ancora dormono nei file e sulla carta. Io ho un cassetto dove ho raccolto negli anni le poesie che Evelina mi offriva brevi manu, senza metodo lei donava e senza metodo io raccoglievo. Ne ho scelta qualcuna – un piccolo trailer per vedere che effetto fa. Nota bene: Evelina è la madre di chi vi scrive.



[21/9/2004]

# 3_Filippo Pretolani_II

Lo scrittore Luciano Bianciardi dice no al Corriere della Sera per scrivere su ABC. Il calciatore Gigi Riva dice no alla Juventus per restare al Cagliari. La storia dei due più incredibili NO della Repubblica raccontata dalla penna sulfurea di Filippo Pretolani, una sorta di chinino per chi si sente troppo yesman. Il testo è stato pubblicato nel volume NO magazine, che accompagnava come catalogo la mostra Senza freni, inaugurata da Colombo Arte Contemporanea di Milano nel settembre del 2004 e incentrata sulla simbologia, sul costume e sugli usi propri e impropri del furgone Wolkswagen.



[30/6/2004]

# 2_Marco Vaglieri

Marco Vaglieri è un ottimo amico, artista di vaglia come avrebbero scritto una volta i giornali. I suoi testi sono concisi, precisi e terribilmente poetici. Questo geniale racconto-flash, quasi una variazione in pillola sul romanzo Dissipatio HG di Guido Morselli (1973) e sul cult movie Liquid Sky di Slava Zukermann (1983), è il reportage probabile della desertificazione di una società dove il desiderio di fama è andato in metastasi. E si chiama addosso una misteriosa nemesi. Il testo nasce nell'alveo di un lavoro collettivo di Dormiveglia, un gruppo interdisciplinare di cui faccio parte formato da anime curiose: stavamo producendo dei materiali per il sito ombra di una casa di liquori. Di Dormiveglia parleremo ancora.




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