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È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…

[1/7/1992]

Come si uccidono i re


“Come abbiamo ucciso la famiglia di Nicola II”
Ritrovati documenti autografi unici dei cekisti Kabanov

Nella piccola cittadina termale di Pjatigorsk due vecchietti, i fratelli Kabanov, hanno terminato i propri giorni serenamente e in pace, senza richiamare su di sé alcuna attenzione . E i loro nomi sarebbero svaniti nel Lete se un bel giorno Aleksej Grigorjevich e Mikhajl Grigorjevich non si fossero decisi, su richiesta dei curatori del museo civico locale, ad occuparsi delle memorie della propria burrascosa gioventù. Delle loro annotazioni scritte ci si é ricordati di recente, quando la stampa ha ripreso la notizia del ritrovamento vicino a Ekaterinburg dei resti della famiglia reale fucilata. I fratelli Kabanov sono passati a miglior vita con la profonda convinzione di aver eseguito il proprio dovere fino in fondo.

Dai ricordi di M. Kabanov
“Di fronte alle finestre della stanza dove era stato alloggiato lo zar, era stata eretta una staccionata composta di assi irregolari allineate in verticale. All'esterno era stata messa una guardia. Lo zar spesso saliva sul davanzale e scrutava cosa accadesse per strada. Le ammonizioni della guardia non avevano effetto, lo zar non comprendeva il concetto di disciplina. Non rimaneva che una soluzione – fargli prendere un bello spavento. Furono date istruzioni alla guardia. Dopo due richiami, lo zar continuò a stare in piedi sul davanzale. La guardia sparò verso la finestra. Lo zar prese un tale spavento che, dopo essere immediatamente saltato giù dal davanzale si rifugiò sotto il letto, dove rimase a lungo. Non fece più tentativi per salire sul davanzale.”

Dai ricordi di A. Kabanov
“Voglio descrivere l'aspetto esteriore degli abitanti della casa adibita ad uso speciale, e per quanto mi è possibile il loro comportamento e le qualità personali.

Nicola Romanov: di statura media, col naso all'insù, capelli e barba leggermente rossicci, allegro, vestito con una tuta da ginnastica di panno di colore militare, cintura da ufficiale e stivali russi, con il berretto da ufficiale e la coccarda.

La moglie di Nicola Romanov, Aleksandra: di media statura, capelli rossi, non bella. Durante i primi tempi ogni giorno faceva una passeggiata in giardino, in mia presenza in giardino non si faceva vedere. Il corpo di guardia mi disse che dopo che essi le avevano fatto una domanda a proposito di lei e di Rasputin, Aleksandra smise di farsi vedere.

La figlia maggiore di Nicola, Olga: di altezza maggiore delle altre sorelle, non bella, indossa un lungo vestito di cotone indiano di foggia semplice, con una larga cintura di cotone in vita con dietro un fiocco; sulla cintura dei grossi bottoni ricoperti di velluto in una fila. Introversa, taciturna, non comunicativa con gli altri membri della famiglia, ad eccezione del padre.

Anastasia, Tatiana e Maria erano assai più belle.di Olga, si vestivano come Olga, erano allegre e di buon umore. Durante le passeggiate nel piccolo giardino cantavano canzoni di contadine, chiedevano con insistenza alle guardie di turno di chi erano innamorati.

Il figlio di Nicola, Alessio: 14 anni, malaticcio, le sue gambe quasi non lo reggevano, perciò lo portavano fuori in braccio a fare la passeggiata nel giardino e lo mettevano in una carrozzella da bambini che veniva guidata dal nipote quattordicenne di uno dei cuochi di Nicolaj Questo cuoco fu fucilato...

Lasciare Nicola e la sua famiglia in città era pericoloso. Il Soviet regionale degli Urali decretò la condanna della casata dei Romanov, condanna in cui venivano incriminati tutti i misfatti di Nicola. Ma procedere a questa condanna non era così semplice.

Durane una passeggiata di Nicola e della sua famiglia, il compagno Jurovskij, il suo aiutante compagno Nikulin e io procedemo ad un sopralluogo nelle stanze della Casa adibita ad uso speciale allo scopo di concepire un piano di messa in atto della condanna del Soviet regionale. Il compagno Jurovskij disse al bambino che portava Alessio in carrozzella, che in quel momento si trovava all'interno: ‘Recatevi immediatamente da vostro zio in prigione'... Il bambino prese il suo bauletto e fu scortato al battaglione della guardia, dove pianse e gridò a lungo. In seguito fu spedito ai suoi, nella provincia di Jaroslavl', dove a distanza di qualche anno la Ceka della provincia (famigerata polizia segreta dei Rossi durante l'epoca rivoluzionaria, antesignana del KGB - n.d.t.) lo fucilò. Venimmo a conoscenza di questo fatto dai giornali.

Il piano per la liquidazione dell'ultima dinastia della Russia si articolava così: l'atto stesso doveva compiersi nel locale adibito ad abitazione per la squadra equipaggiata con i mitragliatori. Voglio ricordare che il locale prescelto era dotato di spessi muri in mattone, soffitto ad arco in mattone, con doppi vetri e inferriate alle finestre. L'edificio era recintato con uno steccato a doppia fila di assi di legno, e a nostro parere gli spari non si sarebbero dovuti udire in città. Inoltre, si era deciso di far sostare sotto le finestre, per tutto il tempo dell'azione, un mezzo pesante di marca Ford delle prime serie prodotte, con una pessima marmitta, con il motore in funzione affinché coprisse con il proprio rumore gli spari.

La notte del 17 luglio 1918 io e la mia squadra sgomberammo dal nostro locale i letti e le altre cose, lasciando solo una sedia viennese per Alessio. Il compagno Jurovskij mi diede ordine, in caso durante l'azione forze ostili avessero attaccato la Casa adibita ad uso speciale, di respingerle con i mitragliatori e le bombe a mano, e se di fronte alla casa si fossero riuniti gruppi di persone, di far fuoco anche su di loro.

Alle due del mattino del 18 luglio 1918 il compagno Jurovskij entrò nei locali occupati da Nicola Romanov e dalla sua famiglia, e disse: ‘In città c'è agitazione, perciò, per motivi di sicurezza, vi prego di scendere da basso immediatamente.' Prima di quel giorno, di solito Nicola e la sua famiglia andavano a dormire regolarmente alle undici di sera, ma quel giorno alle due del mattino non avevano ancora preso sonno. Senza dire una parola, Nicola Romanov prese suo figlio in braccio e scese le scale, seguito da tutti gli altri membri della famiglia. Entrarono nel locale che era stato per loro preparato da basso. Nicola mise a sedere il figlio sulla sedia viennese e rimase in piedi al centro della stanza, e tutti gli altri si misero alla sua destra e alla sua sinistra, in fila, con la faccia rivolta verso la porta. Nell'anticamera si erano raccolti i dirigenti regionali. Fra di loro c'era anche Mikhajl Medvedev, al quale era stato accordato il permesso di sparare per primo contro Nicola.

Questa missione fu da lui compiuta con esito positivo, Nicola cadde morto al primo colpo sparato dalla pistola Mauser. Poi, i compagni presenti in anticamera, fra cui io, presero a sparare contro gli altri membri della famiglia di Nicola attraverso una porta a due battenti semiaperta. Dopo aver scaricato il mio caricatore contro i condannati, sono corso in solaio e mi sono disteso alla postazione del mitragliatore, per procedere agli ordini del compagno Jurovskij, ma presso la casa non c'era nessuno. Nonostante l'autocarro facesse un gran rumore, gli spari e i latrati dei quattro cani di Nicola si sentirono molto bene. Nell'edificio dell'Istituto di ingegneria mineraria e nella piccola casetta accanto che si trovavano di fronte alla casa degli Ipat'ev si accesero delle luci. Scesi dal solaio per raggiungere nuovamente il luogo dell'esecuzione e dissi che gli spari e l'abbaiare dei cani si potevano udire chiaramente in città, e che era necessario interrompere la sparatoria e uccidere i cani. Dopo di che la sparatoria cessò, tre cani furono impiccati, mentre il quarto cane, Jack, poiché era silenzioso, fu risparmiato. Coloro dei condannati che erano rimasti in vita (bisogna ricordarsi della cameriera - n.d.r.), furono finiti all'arma bianca. Io feci ritorno al solaio, al mitragliatore e con l'occhio di bue osservai come i cadaveri dei giustiziati venivano portati via su barelle sanitarie e depositati sull'autocarro, su di un telo incatramato nuovo di colore bianco. In tutto furono deposti sull'autocarro 11 cadaveri di persone e 3 cadaveri di cane.

Tutti gli effetti personali di Nicola e della sua famiglia erano custoditi all'interno di valigie chiuse con lucchetti interni. Per aprirle fu necessario ricorrere a un piccolo piede di porco. Nella valigia appartenuta alla moglie dello zar Alessandro era custodito l'abito di Rasputin, composto da una lunga camicia rossa di seta, un paio di larghi pantaloni di seta blu e una cintura di seta con lunghe nappe alle estremità. Sul fondo della valigia c'erano i ritratti dell'Imperatrice, dei bambini e foto di gruppo.

Nelle altre valigie trovammo molti capi d'abbigliamento, sia esterno che intimo, molte icone raffiguranti Anna Kasczynskaja e Serafim Sarovskij. Tutte le figlie dello zar tenevano un accurato diario. Abbiamo esaminato questi diari, e in base al loro contenuto non fu difficile determinare che queste fanciulle adulte conducevano una vita del tutto vuota e spensierata, la cui unica preoccupazione consisteva in colazioni, pranzi, cene, preghiere in chiesa e sonno. Non avevano nessun'altra occupazione, né pratica né di pensiero... Nella biblioteca dello zar non vi era nemmeno un classico, né straniero né russo, e nemmeno testi scientifici e utili...”

La vita stessa degli autori di questi scritti, i fratelli Kabanov, si sviluppò burrascosa ma complessivamente felice. I fratelli-cekisti soppressero delle rivolte negli Urali e nella provincia di Vjatzkij. Alla fine degli anni '30 Mikhajl era nel Caucaso del Nord, dove effettuò con decisione la collettivizzazione a tappeto dei villaggi dei cosacchi. Pur avendo partecipato alla fucilazione del re, per quanto possa stupire, i fratelli Kabanov non furono insigniti di alcun ordine o medaglia.

Anatolij Ivanov
(traduzione di Eugenio Alberti Schatz)



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