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È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…

[13/7/2000]

Diari immaginari per un´edizione

Dal diario immaginario degli autori
Pagine trascritte a cura di Eugenio Alberti Schatz


Dal diario di Stéphane Bordarier

Giovedì 13 luglio 2000. La carta si abbevera alla fonte del colore alla velocità del fuoco e i pori esultano senza darmi tempo di correggere se non faccio in fretta la carta va via si fa un buco è troppo fragile e io devo essere radicale non c'è un secondo tentativo solo questa distesa quotidiana senza qualità che attende di essere opacizzata con diversi gradi di coprenza violetto di marzo rosso rosso diluito per far respirare le colonne: reagire ai fatti assorbendo la notizia: la pittura comincia quando ci sono due colori, uno sopra uno sotto, uno alto uno basso, uno a destra uno a sinistra, ma meglio un giornale di gauche per il mio effetto guache – la povertà di mezzi fa ancora scandalo così guardo alla trama di caratteri ostinati tasto i filamenti/eventi e faccio dono di una cortina cromatica poiché il rosso può rendere il mondo più salvabile e più vero dove si crea un pozzo fino al centro di un big bang al ralenti che sorride dalla parte della nuca, vicino e insieme lontano, anche se il pigmento pare carburante al piombo per la macchina-occhio che fila sull'autostrada delle percezioni fisiche, e viene il momento di concentrarsi sulle strisce e aspettare che l'essere colore si faccia onda e inietti di sé la superficie visiva cerco il colore e il suo doppio preparare 76 franchi per la spedizione DHL a Sam. Punto a capo.

[nota a margine]
"Il niente abbellisce ciò che è." Charles Baudelaire


Dal diario di Antonio Scaccabarozzi

Lunedì 17 luglio 2000. Che cosa vuol dire naturale e cosa vuol dire artificiale? (Natasha dice che è il gioco delle parti.) Che cosa vuol dire nobile e che cosa vuol dire filisteo? Che cosa vuol dire vuoto e che cosa vuol dire pieno? Tagliare lo spazio: strappare la pelle del visibile – l'illusione della retina – e far affiorare un paesaggio altrettanto vivo e se sei fortunato anche più vero. (Spiazzare viene dal calcio, spostare l'avversario dal luogo che occupa verso un luogo più conveniente, togliergli la piazza da sotto i piedi). Lo sanno tutti che lo spazio ha una pelle, una struttura ossea avviluppata di vasi sanguigni, cartilagini luminose e tendini e nervi guizzanti che ti colpiscono quando meno te l'aspetti. La fisica dello spazio è un gioco di motori mobili e immobili, di ruote oliate a dovere per produrre musica celeste. Basta saper scavare, mettere in forma tagliando con il bisturi e ricucendo con l'ago, anche se a forza di tagliare lo spazio mi farò male anch'io. Ogni spazio per altro uso che quello dell'abitare è un tempio con la sua brava teoria di colonne che spingono, i suoi bravi timpani e le sue brave metope e i suoi bravi morti in cantiere. E gli operai possono essere tanto gli agenti atmosferici quanto i figli dell'uomo. Ogni uomo ha il suo tempio – Monte Ararat, Sigiriya, Segesta, Ayers Rock o una piccola chiesa gotica dietro il cimitero. Ogni tempio ricorda la ferita dell'essere e per contrappasso la cauterizza. Che cosa ci spinge a vedere un tempio in controluce anche nell'ombra di un cassonetto? Non amo dare risposte alle mie domande, preferisco tagliare tagliare tagliare, e poi cucire saldare cucire e vedere cosa succede. So solo che ogni recinto è sacro, e ogni spazio emergente/fluttuante ha più luce di uno spazio grigio, ogni simbolo è più forte di un ragionamento. Io credo nella sostanza del colore e nel suo talento del dare e del prendere la forma. Mi basta la sagoma. Al resto ci pensa il colore. Domani Sam mi aspetta.

[nota a margine]
"Saper ciò che si deve escludere e ciò che va accolto; esattamente dove, e in che modo, ah, questo sì vuol dire essere educati alla conoscenza del semplice, ai fini dell'estrema libertà di espressione." Frank Lloyd Wright


Dal diario di Seán Shanahan

Domenica 16 luglio 2000. Ho messo nello zaino il pane, il formaggio, una bottiglia con un bianco generoso e il volume consunto di Chuang-tze, e mi sono incamminato di buon mattino. La strada fino in vetta è faticosa, ma amo queste escursioni che mi portano lontano dalle strade di pianura. Il mio respiro, il sudore, l'occhio stordito dalla luce, i piedi nella lana mi commuovono. Il passo è necessità del salire, gesto ritmico e perfetto, gioia piena dell'essenziale. A mezza quota sorriderò ai pini perplessi, ai fiori diffidenti, ai colori tersi e naturalmente elettrici. Ma so che più in alto ancora mi attendono i colori genetici, il rosso minerale delle rocce mostruose e quello organico dell'ugola degli sparvieri, il nero delle venature dei massi e quello dei miei scarponi rimasti soli a calpestare il senso comune, il bianco del vuoto e quello dei sentimenti al nascere: il colore scivola nell'abbraccio del colore, concentrato, ultimo, impercettibilmente scalfito per non precipitare nella vertigine. Ogni stormire del cuore è un boato. So che là il silenzio si farà finalmente udire. Succede sempre così, le sue note mai uguali sono abbacinanti e mi riscaldano. Bisogna salire in alto per amare il colore. Non posso guarire dal mio romanticismo, posso solo lenirlo. La copia dell'arte non mi basta, voglio l'originale. La colonna di Simone del deserto è una metafora dell'ascensione di Agostino, ma esistono anche vette spianate e profonde come il mare del Nord o il verde delle brughiere intatte. Domani appuntamento in tipografia per le ultime prove. Cornice più sottile, aperta su un lato per la via di fuga, provare a pettinare la superficie.

[nota a margine]
"Ho liberato tutti gli uccelli dalla gabbia eterna, ho spalancato i cancelli alle bestie del giardino zoologico. Che becchino pure e mangino gli avanzi della vostra arte. E che l'orso liberato immerga pure il suo corpo fra i ghiacci del freddo Nord, invece di stare a mollo nelle accaldate acque del giardino accademico." Kazimir Malevich


Eugenio Alberti Schatz



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